La scacchiera di Rennes-le-Château
Sabato 20 novembre 2010 by Lucia Zemiti
La scacchiera ed i suoi pezzi: Tour (Magdala), Reine (Blanche), Cheval (de Dieu), Roi (perdu) e Fou, l'alfiere (ma in inglese Bishop, "vescovo"… di sicuro Saunière non immaginava nemmeno lontanamente la caparbietà di questo pezzo nella sua personalissima partita che lo porterà alla fine ad arroccarsi nella sua Torre in una situazione di Stallo) giocano, nel mistero di Rennes-le-Château un'eterna partita tra sogno e realtà, ragione e follia, verità e menzogna. Simbolo dualistico per eccellenza dove opposti e contrari si alternano occupando il medesimo spazio, la scacchiera è un oggetto particolare.
La forma ed il colore hanno lo stesso potere ipnotico che infonde la spirale del gioco dell'Oca, e ricordano i diversi modi di affrontare la vita: affidandosi totalmente al caso e alla fortuna, lasciandosi trascinare dal percorso a senso unico nel gorgo del gioco dell'Oca, o decidendo ogni singola mossa nel tentativo di opporsi, modificare o perlomeno beffare l'improcrastinabile esito - come Antonius Block nel Settimo sigillo.
La scacchiera ha affascinato i più grandi scrittori, da Dante a Borges, da Poe a Zweig, ma la più intrigante è certamente quella di Lewis Carrol nel suo Attraverso lo specchio e quello che Alice vi trovò.
Oltre ad accennare, sornione, alla complessità della teoria dell'antimateria nel mondo riflesso e speculare in cui proietta la piccola Alice (non era Signol ad invertire la sua N attraversando il meridiano di Saint Sulpice?) Carrol sfoggia un'incredibile padronanza del nonsense e dei giochi di parole cari anche ai cultori del libro di Henri Boudet.
"Le parole che io uso significano esattamente ciò che decido, né più né meno". E' Humpty Dumpty ad affermarlo in Alice nel Paese delle Meraviglie, manifestando tutta la potenza che un abile calembourista può celare nelle sue parole; mi piace accomunare Carrol e il suo bianconiglio al filone dei cultori dell'enigma di Rennes-le-Château, in compagnia di Verne e Leblanc.
L'edizione 1872 di Attraverso lo specchio, magistralmente illustrata da Sir John Tenniel, riporta in prefazione la figura della scacchiera su cui Alice dovrà cimentarsi. Qui, il re rosso (!) si trova in e4. A prestar fede ad Humpty Dumpty, ciò significa esattamente ciò che ha deciso Carrol. Né più, né meno.
Curioso. Anche Saunière sembra segnalare questa casella nella sua personalissima scacchiera. No, non quella ritagliata tra lo sguardo di Asmodeo e di Gesù nella penombra della chiesa di Santa Maddalena. Mi riferisco alla scacchiera racchiusa nel suo giardino, ben delimitata da due torri che si fronteggiano opposte e contrarie, dominando un orizzonte d'indicibile bellezza.
Il percorso semicircolare che collega le due torri copre tutta la prima colonna a sinistra e la prima riga in alto, definendo una seconda e più piccola scacchiera 7 x 7 che costituisce il giardino vero e proprio. Al centro dello stesso, è facile mettere in evidenza una casella. La stessa di Lewis Carroll. La casella e4.
Mi piace chiedermi… e se Saunière avesse davvero pensato a questa scacchiera? E se avesse voluto celare una precisa indicazione?
Narrano le antiche cronache degli scacchi che un tempo la torre era un Carro da guerra. Che ad affrontarsi su questo giardino-scacchiera siano in realtà i due carri (Rhedae) contrapposti?
E se per avvicinarci alla Soluzione dovessimo affidarci al passo irregolare dello Cheval de Dieu?
Un'ultima considerazione.
Shah mat, parola araba da cui deriverebbe la nostra Scacco matto, significa "Il Re è morto". Chi è il re morto? E soprattutto dov'è celata la casella e4?
E se si trattasse di...
Ma questa è un'altra Storia...
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Lunedì 1 novembre 2010 by Sabina Marineo
Gérard de Sède lo descriveva così ne Le Tresor Maudit de Rennes-le-Château: "Le fotografie ci presentano un uomo di alta statura, atletico e di spalle larghe, come fosse sempre pronto all'attacco. I lineamenti plebei non sono privi di una certa grossolanità, accentuati dalla mascella carnosa; ma tutto ciò è compensato da una fronte alta e nobile incorniciata da folta capigliatura. Le sopracciglia sono spesse, gli occhi neri, belli e vivaci, lo sguardo penetrante, inquieto e inquietante. Il mento energico viene raddolcito da una fossetta che secondo la fantasia popolare è una caratteristica immancabile del seduttore. Per un uomo così Rennes-le-Château poteva essere solo una prigione".(1)
Questo il ritratto del parroco Bérenger Saunière. Leggendo il testo arguto di de Sède, si ha l'impressione che l'avvenente virilità del religioso avrebbe fatto impallidire qualsiasi stella cinematografica. In effetti non si può negare una certa corrispondenza tra l'aspetto del curato e le parole dell'autore francese e, tenendo conto dell'ideale maschile dell'epoca - siamo a cavallo tra la fine del XIX e l'inizio del XX secolo - possiamo immaginare che Saunière abbia provocato l'ammirazione di molte donne del villaggio.
Ma il parroco non dormiva certo sugli allori. Secondo le testimonianze raccolte da autori diversi, era una persona dinamica che non disdegnava i lavori pesanti. Un amante della caccia, dell'aria aperta e del buon vino. Per meglio accattivarsi la stima dei paesani, Saunière non esitava a predicare in dialetto e, allorché avrà fatto fortuna, si dimostrerà generoso con lavoratori e amici. Queste qualità devono sicuramente aver prodotto un'impressione positiva anche sul pubblico maschile.
L'autore René Descadeillas osserva tuttavia stringato e tagliente: "L'uomo era grossolano, poco istruito - il dubbio gusto di cui dà prova nelle sue costruzioni e nei suoi restauri lo testimonia ampiamente - ma furbo e stranamente positivo".(2)
Jean Robin è ancor più drastico: "Seduttore ed ambizioso Saunière lo è stato. A suo tempo non hanno esitato a sfruttare le sue debolezze, i suoi appetiti, il suo desiderio di ascensione sociale. […] Dato che le pecche interiori del curato si manifestavano esteriormente nel modo più banale, più triviale: sin nelle case chiuse di Carcassonne".(3)
Come sempre la verità ha molte facce e ognuna di esse dipende dall'osservatore del momento.
Bérenger, uomo di campagna nato nel 1852 a Montazels - paese situato a pochi chilometri da Rennes-le-Château - era giunto trentatreenne sulla collina del suo destino, con pochi soldi in tasca. Dopo alcuni anni, per mezzo di un alacre traffico di messe e/o grazie alla scoperta di un tesoro - lasciamo la questione in sospeso - il parroco divenne un uomo ricco.
Non è possibile dire con certezza a quanto ammontasse il suo patrimonio; si è parlato di tre o quattro milioni di euro.(4) Una cifra non indifferente, che gli diede la possibilità non solo di restaurare la chiesa del paese, ma anche di cambiare faccia alla sommità della collina: Saunière vi fece costruire una villa stile Rinascimento, una torre neogotica con tanto di muro di cinta provvisto di cisterne, una serra, un orto e giardini.
Ai visitatori di oggi che, affascinati dal mito di Rennes-le-Château, si avventurano sul colle e percorrono le stanze di villa Bethania oppure indugiano pensosi sulla terrazza di torre Magdala dinanzi alla vista magnifica che si estende a perdita d'occhio, la tenuta di Saunière può sembrare modesta. Di primo acchito i viaggiatori possono rimanere delusi al cospetto degli edifici trascurati e dei giardini incolti, e chiedersi: "È tutto qui? Sarebbe stata questa la dimora del parroco nababbo?"
Ma non è giusto misurare il fasto paesano di allora con il nostro metro di cittadini del mondo, viziati dal benessere e dalle immagini opulente del grande schermo. Erano altri tempi.
Per avere un'idea dell'impressione che produceva la proprietà del parroco sui suoi contemporanei, vediamo invece questo articolo scritto dal signor Fagès, un membro della SESA - società di studi scientifici di Carcassonne - che nell'agosto 1909 fu accolto da Saunière al termine di un'escursione: "Veniamo accolti dal reverendo Saunière che è orgoglioso di mostrarci la sua bella residenza che, senza esagerare, sembra un'oasi in mezzo al deserto. Oasi può forse sembrare un termine esagerato, ma non dopo aver percorso alcuni chilometri attraversando terre aride e secche e, nella maggior parte dei casi, incolte. Una breve descrizione ci pare necessaria: il pianoro è occupato da un orto dove crescono verdure da far invidia ai nostri ortolani; poi troviamo un frutteto e un bel giardino ornamentale, il tutto riparato da una bella terrazza dalla quale si può ammirare un bel panorama. Una torre a sud sembra la guardiana di questo luogo incantevole. Lì abbiamo goduto di alcuni minuti di riposo ammirando la bella biblioteca in essa contenuta. Qui tutto è ben sfruttato, per esempio la parte inferiore dell'ampia terrazza serve da cisterna per le acque pluviali raccolte da numerose condotte. Il piano terra della biblioteca conserva una bella collezione di cartoline postali e di immagini di Rennes e dei suoi dintorni".(5)
E tuttavia l'entusiasmo di Fagès non era niente dinanzi all'orgoglio di Saunière, che si vedeva ormai quale vero castellano di Rennes, l'artefice del colle santo. Sulle cartoline postali da lui realizzate, accanto alle fotografie che riproducevano i nuovi edifici del paese, il curato aveva riportato(6) un suo commento personale (vedi box).
Ma che accadeva nelle stanze di villa Bethania e di torre Magdala durante gli anni di prosperità del parroco? Saunière continuava ad abitare nel presbiterio, insieme con la perpetua Marie Dénarnaud e la famiglia di lei. La torre Magdala fungeva da luogo di ritiro. Qui, indisturbato, circondato da una biblioteca costosa e dallo splendido panorama, Saunière trascorreva il suo tempo libero. Villa Bethania, invece, serviva da spazio di ricevimento per ospiti ragguardevoli.
Sarebbe logico pensare che tali invitati fossero stati quasi esclusivamente religiosi in visita al paese. Ma non era così. Si racconta che il curato celebrasse di sovente feste e banchetti cui erano presenti persone del bel mondo e durante i quali il buon vino e il rum della Martinica scorrevano a fiumi.
Non posso nascondere il fascino che esercita su di me la rievocazione immaginaria di villa Bethania in quei primi anni del XX secolo, magari avvolta dalle nebbie d'inverno, sul calare della sera: le luci delle finestre illuminate, un vocìo allegro e risate di persone in festa, il suono di un pianoforte (o forse di un harmonium), il canto magnifico e struggente di una soprano. Emma Calvé?
Ed eccoci al punto: l'identità degli ospiti misteriosi rimane tuttora nell'ombra. Gérard de Sède fece alcuni nomi: il religioso lazzarista padre Ferrafiat, il futuro deputato dell'Aude Etienne Dujardin Beaumetz, la cantante lirica Emma Calvé, la scrittrice Andrée Bruguière, la marchesa di Bozas e un ospite misterioso chiamato dai paesani "lo straniero" che doveva essere l'arciduca Johann Salvator di Asburgo in incognito.
L'autore Pierre Jarnac osserva: "Quelli che ricordano la personalità dei visitatori, hanno sempre riconosciuto a Saunière la mancanza di pregiudizi: villa Bethania accoglieva sia degli industriali e dei negozianti che uomini politici, come il futuro segretario di Stato alle Belle Arti Dujardin Beaumetz, allora consigliere a Limoux e deputato dell'Aude. Ma anche belle signore, come la scrittrice Andrée Bruguière e, probabilmente, la marchesa di Bourg de Bozas".(7)
René Descadeillas prese nota di alcune voci di paese che ricordavano la cantante lirica, Beaumetz ed "altre persone meno note, leaders locali o regionali del partito radicale socialista, già molto potente nell'Aude".(8)
Insomma, si sarebbe trattato di persone importanti, una delle quali era famosissima, la più grande diva del momento e figlia del Midi: Emma Calvé.
Nei documenti della corrispondenza di Saunière più noti al pubblico non emergono informazioni che avallino la presenza di tali nomi a villa Bethania. E tuttavia le liste di ordinazioni del parroco, tuttora esistenti, testimoniano di ricevimenti a carattere mondano, elencando centinaia di litri di alcolici. Ma se non possiamo dire con sicurezza chi erano gli invitati di Saunière, possiamo almeno esaminare le persone nominate da de Sède e Descadeillas e vedere se queste potrebbero avere veramente preso parte ai banchetti del curato. Andiamo per ordine.
Padre Ferrafiat era un lazzarista di Nôtre-Dame-de-Marceille, la basilica situata nei pressi di Limoux, meta di pellegrinaggi e luogo di custodia di una Madonna Nera. Il sacerdote presenziò la cerimonia della Prima Comunione di 24 bambini a Rennes-le-Château, avvenuta nel giugno 1891.
Al centro della fotografia, il padre lazzarista Ferrafiat ritratto il 21 giugno 1891.
A sinistra, dietro i bambini, un giovane Bérenger Saunière.
In questa occasione fu consacrata la statua della Madonna di Lourdes che Saunière espose nel giardinetto attiguo alla chiesa, sul pilastro carolingio dell'altare.
Una seconda visita di Ferrafiat a Rennes ebbe luogo nel 1897, allorché fu collocata una lapide sul calvario del giardinetto in memoria della visita episcopale di monsignor Billard, vescovo di Carcassonne.(9) Dunque Ferrafiat è di certo un possibile ospite di Saunière. I due religiosi si conoscevano e dovevano essere in buoni rapporti. Si può immaginare che padre Ferrafiat abbia cenato a villa Bethania.
Anche l'amicizia con il pittore Etienne Dujardin Beaumetz sembra possibile. L'artista, che finì per scegliere la carriera politica, era coetaneo del parroco. L'autore francese Jacques Rivière afferma che i due uomini si conobbero già nel periodo in cui Bérenger svolgeva l'incarico di vicario ad Alet-les-Bains, cioè tra il 1879 ed il 1882. Rivière scrive: "Durante le sue [di Saunière] passeggiate, incontra il pittore Henri Dujardin Beaumetz, della stessa età sua. Confrontano le loro idee politiche, l'artista dalle opinioni radicali e l'ecclesiastico dalle idee monarchiche".(10)
Infatti, se i due uomini potevano forse trovare punti d'accordo discutendo sul piano artistico o storico, le loro idee politiche si rivelavano diametralmente opposte: Beaumetz, progressista, s'era votato alla causa dei radicali di sinistra, mentre Saunière era un monarchico convinto. Ma la discrepanza di ideali politici non deve necessariamente compromettere
un'amicizia di lunga data. Ricordiamo che anche l'ingegnere Ernest Cros, il supposto scopritore della lastra di Coume Sourde, sembra essere stato amico di Saunière, nonostante Cros coltivasse idee politiche completamente differenti e di sinistra, nonostante fosse massone e si definisse pubblicamente "giovannita". L'autore Franck Marie, che indagò in loco all'inizio degli anni settanta cercando di cogliere le ultime voci di paese, considera l'amicizia tra l'ingegnere ed il parroco sicura ed avallata da
un'ampia corrispondenza tra i due uomini.(11)
Emma Calvé: l'invitata sicuramente più affascinante, dato che le fu attribuita addirittura una relazione amorosa con il curato. Finora però l'unico reperto rilevato fra gli effetti personali del parroco che fosse in qualche modo legato alla cantante lirica è la carta di una confezione di cioccolata con il ritratto della diva. Troppo poco per essere considerato una prova. Tanto più che Saunière sembra aver collezionato diverse cartine con i ritratti delle artiste dell'epoca.
Non mancano quei biografi della Calvé, come Jean Contrucci, che suggeriscono in tutta tranquillità l'esistenza della liaison.
Emma e Saunière si sarebbero incontrati più volte in occasione delle pause estive di Emma. La diva aveva infatti acquistato nel 1895 il castello di Cabrieres nell'Aveyron, situato a circa cento chilometri da Rennes-le-Château. Una distanza non troppo grande da superare, nemmeno in quegli anni. Nel castello la cantante amava trascorrere il periodo estivo di riposo, quando non era impegnata nelle tournées artistiche. Contrucci osserva: "La diva probabilmente ha risposto a degli inviti di Saunière in occasione del suo soggiorno nell'Aveyron".(12) E più avanti: "Non c'è verso di trovare la minima allusione a questa storia singolare (la relazione di Emma e Saunière) tra i ricordi della diva. La memoria di Emma ha cancellato anche il nome del prete maledetto.(…) È probabile che la relazione fosse più amichevole, più mondana che passionale. Durante gli anni in cui Saunière ammassava la sua favolosa fortuna, Emma si trovava per lo più fuori della Francia, occupata in tournées internazionali".
Contrucci scrive ancora: "Agosto e settembre 1897 sono dedicati al riposo, allo studio di "Saffo" ed ad una scappata a Rennes-le-Château".
D'altra parte però proprio subito dopo l'autore racconta che nel 1897 la "villa di Saunière" è terminata e che il parroco ha fatto erigere una torre biblioteca. Mentre in realtà all'epoca né la villa né la torre sono state ancora realizzate. Questo errore cronologico di Contrucci risveglia alcuni dubbi sull'affidabilità delle sue informazioni.
Nel libro vi è ancora un ultimo accenno a Saunière. Siamo nel 1917: "Rientrata in Francia a bordo del Rochambeau […] Emma, che si prepara ad una tournée di concerti patriottici per la Croce Rossa nel Midi della Francia, apprende dalla bocca di Leonie (la madre di Emma) […] la morte improvvisa di Bèrengere Saunière".
Fino a che punto le informazioni di Contrucci sono attendibili? Bisogna tener presente che un giornalista francese, Pierre Gombert, in un suo articolo per la Revue du Rouergue, descrivendo le connessioni della diva con gli occultisti parigini, afferma categorico: "Sembrerebbe che l'influenza del parroco Saunière e di Jules Bois con i quali ella [Emma] conobbe una grande intimità, sia stata determinante. Si sa che ella fu molto legata al parroco Bérenger Sauniére, quel curato equivoco (sic!) di Rennes-le-Château".(13)
E più avanti: "La liaison tra Saunière e la diva fu di assai breve durata, come tutte le sue relazioni [di Emma]. Nel 1917 tutto parrebbe essere finito e a lieto fine. Lui le donò un pilastro visigoto (sic!) della chiesa di Rennes".
Allora a questo punto c'è da chiedersi: chi copia pedissequamente da altri autori e chi invece è a conoscenza di elementi validi e che noi ignoriamo?
Riporto ancora una testimonianza, quella di Georges Girard. Le parole di questo ammiratore di Emma sono particolarmente importanti. Infatti Girard colleziona da molti anni gli oggetti personali e la corrispondenza della diva. La vide per la prima volta quand'era appena un ragazzino dodicenne nella sua città natale, Millau. A quell'epoca la cantante, ormai ottuagenaria, aveva venduto il suo castello di favola e conduceva una vita relativamente modesta, dando lezioni di canto alle ragazze di buona famiglia. Georges sentì la voce eccezionale della soprano e ne rimase perdutamente affascinato.
Girard, che conserva ogni cosa di Emma come una reliquia nella speranza di poter aprire un giorno un museo della diva nel castello di Cabrieres, potrebbe avere la prova che a noi manca. In una rivista francese dell'anno 1971 apparve una breve biografia di Emma scritta da Girard. Vi leggo: "Si è dunque parlato di un lungo ed intimo rapporto tra il curato Bérenger Saunière e la cantante. Certo, esso è esistito. Quando e come si conobbero? Fu a Parigi, nel 1893, probabilmente per mezzo dell'Abbé Biel, direttore di Saint-Sulpice".(14)
Che dobbiamo pensare della sicurezza con cui Girard presenta quest'affermazione? Ha trovato indizi - nella corrispondenza della Calvé in suo possesso - che provano la relazione amorosa tra il parroco e la cantante? In ogni caso Girard è troppo discreto e troppo rispettoso verso la vita privata di Emma per rivelare di più.
E veniamo alle altre due signore. La marchesa du Bourg de Bozas, di casata antica e molto facoltosa, era in amicizia con il fratello del curato, il padre gesuita Alfred Saunière. Alcuni autori sostengono che ne fosse l'amante. Nella documentazione di Bérenger oggi in nostro possesso sembra non esservi traccia della nobile.
E tuttavia non è da escludersi che la marchesa abbia occasionalmente preso posto alla mensa imbandita del curato. Tanto più che ella frequentava il milieu occulto-massonico dell'epoca. E rapporti di tale fatta coltivava anche il fratello di Bérenger. Sappiamo che Alfred fu l'istitutore della famiglia Chefdebien, a Narbonne. Questi nobili erano ben noti nell'ambiente massonico. Francois de Chefdebien, un esponente di tale famiglia morto nel 1814, veniva riportato nelle liste di loggia come "Franciscus, eques a capite galeato" e rivestiva un ruolo molto importante nella massoneria, nonostante il suo nome sia storicamente quasi sconosciuto.(15)
Non è quindi da escludersi che anche la marchesa abbia gustato la cucina di Marie Dénarnaud durante le feste di villa Bethania.
La terza donna nominata da de Sède, Andrée Bruguière - che si faceva chiamare anche "marchesa d'Artois" - era una scrittrice alla moda. Poco o niente sappiamo di lei e del suo entourage. La personalità della Bruguière non sembra aver lasciato tracce di rilievo nemmeno nel mondo letterario in cui era di casa. Di conseguenza non è possibile azzardare supposizioni.
L'ultimo ospite, "lo straniero" di cui parla de Sède, rimane nell'ombra e non sappiamo neanche se mai fu esistito. Il giornalista ce lo presenta come un Asburgo, anzi suggerisce che si trattasse di Johann Salvator. È credibile?
Riesaminando la vicenda di Rennes-le-Château c'imbattiamo nella contessa di Chambord. Questa nobile, imparentata con gli Asburgo e vedova del legittimo pretendente al trono di Francia, ha sicuramente donato una somma cospicua a Saunière nel 1886. A quell'epoca il curato, da poco giunto a Rennes, voleva intraprendere i restauri della chiesa di Santa Maria Maddalena.
Alcuni anni dopo, nel 1889, viene segnalata a Rennes la presenza di un Asburgo. Si tratterebbe proprio di Johann Salvator. Questo rampollo di casa più che illustre, in seguito al suicidio del cugino Rodolfo - in seguito al famoso affare di Mayerling - cui era molto legato, decise di rompere i contatti con la famiglia imperiale rinunciando così ad appannaggi e privilegi nobiliari. Assunse quindi il nome borghese di Jean Orth, perse il diritto di cittadinanza austriaca e dall'ottobre 1889 abbandonò per sempre la terra natìa e iniziò i suoi viaggi per l'Europa.
Dunque la presenza del nobile a Rennes tra il novembre 1889 ed il febbraio 1890 sarebbe teoricamente possibile. L'autore Pierre Jarnac afferma che Jean Orth si recò a Rennes proprio in quel periodo e scrive dell'esistenza di "rapporti della gendarmeria di Couiza" che lo proverebbero tuttoggi. Jarnac racconta: "I gendarmi di Couiza gli domandarono i motivi del suo soggiorno. Lui [Johann Salvator] pretese che, giungendo dall'Italia e dalla Spagna, il destino l'aveva condotto a Couiza ed avendo sbagliato strada era capitato casualmente a Rennes. Lì era stato condotto alla presenza di Bérenger Saunière".(16)
Ma c'è di più. Sempre da Jarnac ci giunge l'informazione di un conto bancario di Perpignan aperto a nome di Bérenger Sauniére. Qui Johann Salvator avrebbe versato alcune somme di denaro. Jarnac scrive: "È in questa città che [Saunière] aveva aperto un conto, alla banca Veuve Auriol et ses fils. […] Il direttore, M. Cazes, era un uomo troppo serio e diligente per non porre delle domande sul motivo del versamento regolare operato da un giovane principe austriaco, l'arciduca Johann Salvator d'Asburgo detto Jean Orth a beneficio di un altro conto aperto lo stesso giorno a nome di Bérenger Saunière".(17)
Bérenger Saunière si sarebbe recato spesso a Perpignan e avrebbe alloggiato al Grand Hotel, a pochi passi dalla banca. Nel 1979 Pierre Jarnac ricevette conferma di tali soggiorni dalla nipote del signor Eugene Castel, direttore dell'albergo di lusso ai tempi di Saunière.
Che dobbiamo pensare di tutto ciò? Quali affari intercorrevano tra l'Asburgo che aveva appena voltato le spalle alla famiglia imperiale ed il curato votato alla causa monarchica? Jarnac pensa che Jean Orth abbia acquistato dal parroco oggetti di valore.
Ma l'ex-principe austriaco, che in quel periodo non provava il minimo interesse per la politica, aveva tutt'altri pensieri. Progettava di salpare con una nave propria alla scoperta di nuovi continenti e investì tutti i suoi beni nel-
l'organizzazione di quest'impresa non indifferente. Perché avrebbe dovuto spendere per comprare antichità o documenti di famiglia? Quest'ipotesi mi sembra poco credibile.
E anche ammesso che la presenza di Orth a Rennes nel 1889/1890 risponda al vero(18), è impossibile che Johann Salvator abbia partecipato ai banchetti di villa Bethania perché questi ebbero luogo a partire dal 1905 e a quell'epoca il nobile austriaco era già scomparso da un pezzo. Jean Orth s'imbarcò sulla sua nave Santa Margherita il 26 marzo 1890 con l'intento di esplorare la Terra del Fuoco. L'ultimo suo segno di vita fu una lettera del luglio 1890, dopodiché sparì per sempre dalla scena europea senza lasciare traccia. Che ci piaccia o no, dobbiamo cancellarlo dalla lista dei convitati misteriosi.
Facciamo il punto: chi sedeva alla tavola del curato e gustava la squisita cucina di Marinette annaffiata da vini e liquori di tutto rispetto? Forse il radicale Dujardin Beaumetz, la ricca Marchesa de Bozas, il lazzarista Ferrafiat e magari anche la scrittrice in voga Andrée Bruguière. Mentre accanto alla fatale Emma aleggia ancora un grosso un punto di domanda. La sua presenza rimane un segreto, come la storia del curato Saunière.
Del resto l'alone di mistero che circondava il parroco già quand'era in vita, non doveva poi dispiacergli, ma piuttosto divertirlo. Allorché un giorno il prete Antoine Beaux, suo conoscente, osservò malizioso: "Caro collega, la vostra vita nel lusso potrebbe far credere a qualcuno che abbiate scoperto un tesoro", Saunière gli rispose sornione: "Me l'hanno donato, l'ho preso, l'ho messo a punto e me lo tengo stretto".
E noi oggi, cent'anni dopo, ci pensiamo su.
_________________
(1) Gérard de Sède, Le trésor maudit, Paris: Julliard, 1967, p.13.
(2) René Descadeillas, Notice sur Rennes-le-Château et l'abbé Saunière, Carcassonne, 1962, ora in Indagini su Rennes-le-Château 14 (2007) pp.663-672.
(3) Jean Robin, Le royaume du Graal, Paris 1992, p.26.
(4) Laurent Buchholtzer Octonovo, "Nouveles lumières sur la comptabilité de l'abbé Saunière" in Actes du colloques d'études et de Recherche sur Rennes-le-Château 2005, Editions Oeil du Sphinx, Le Serpent Rouge vol.6, p.73. I libri contabili del parroco Saunière sono disponibili solo dal 1895 in avanti.
(5) Antoine Fagès, "De Campagne-les-Bains à Rennes-le-Château", Bulletin de la Société d'Etudes Scientifique de l'Aude, Vol.20 (1909), ora in Indagini su Rennes-le-Château 14 (2007) pp.704-706.
(6) Jacques Rivière, Le fabuleux tresor de Rennes-le-Château , Cazilhac 1995, p.15.
(7) Pierre Jarnac, Histoire du tresor de Rennes-le-Château, Cazilhac 1998, pp.185-186.
(8) René Descadeillas, op.cit.
(9) Patrick Mensior, Parle-moi de Rennes-le-Château, Montigny: 2004, p.77.
(10) Jacques Rivière, op.cit., p.28.
(11) Franck Marie, Rennes-le-Château etude critique, Bagneux: 1978.
(12) Jean Contrucci, Emma Calvé la diva du Siècle, Paris 1989, pp.156-.232.346
(13) Pierre Gombert, "Una diva chez les occultistes" in Revue du Rouergue 107, Toulouse (1973), p.261.
(14) Georges Girard, "Emma Calvé, étoile dans tous les cieux, cigale sous tous les ciels" in Les cahiers rouergats 5, Rodez (1971), pp.33-34.
(15) Serge Hutin, Gouvernants invisibles et sociétés secrètes, Paris 1972, p.60.
(16) Pierre Jarnac, op.cit., p.355.
(17) Pierre Jarnac, op.cit., p.192.
(18) Finora nessun ricercatore sembra essere riuscito a pervenire ai verbali della gendarmeria di Couiza.
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