Visita a una città morta, Rennes-le-Château

Venerdì 22 ottobre 2010 by Roger Croquet

Questo articolo è stato pubblicato originariamente su Le Soir Illustré, n.819, 4.3.1948, pp.16-22 ed è il più antico resoconto su Rennes-le-Château comparso su un periodico popolare; si tratta di una testimonianza straordinaria delle condizioni del villaggio prima che il libro di Gérard De Sède trasformi Rennes nella meta di migliaia di cercatori di tesori. Roger Crouquet (1901-1987) è nato nella città belga di Bourg-Léopold ed è morto in Francia, a Nizza. L’articolo è qui pubblicato nella traduzione di Roberto Gramolini, che ha curato anche le note.

Rennes-le-Château, febbraio 1948

Lo stato di abbandono in cui versano numerose città e villaggi di Francia è uno degli aspetti più tristi di quel dramma del territorio al quale assistiamo da numerosi lustri.

Sono migliaia, ogni anno, i contadini francesi che lasciano i luoghi natali per dirigersi verso le agglomerazioni industriali o le grandi città, attirati dai loro lontani richiami.

È certo che, sempre di più, i Francesi disertano la terra feconda per andare a lavorare nelle fabbriche e nelle industrie o semplicemente per un posto pubblico: vigile, postino, impiegato del comune, ecc.

Qualche giorno fa, percorrendo il dipartimento dell’Aude, abbiamo avuto occasione di visitare ad una sessantina di chilometri da Carcassonne, la città murata, uno di questi centri-fantasma, i cui pochi abitanti vagano tra le rovine di un passato opulento.

Un nostro compatriota, Monsieur Jean Mauhin, originario di Verviers(1), che ci ha invitato a visitare la manifattura di cappelli e “cloches”(2) che dirige a Quillan, ai piedi dei primi contrafforti pirenaici, ci ha segnalato l’esistenza di una città defunta che risponde all’affascinante nome di Rennes-le-Château. E ha proposto di accompagnarci anche se lui stesso non ci ha mai messo piede. Abbiamo accettato con gioia e sicuramente nessuno di noi si è pentito dell’escursione.

Proprio sulla vetta di un picco che domina la valle della Sals sorgono le ultime case dell’antica capitale del Razès, la maggior parte delle quali in rovina. Dopo aver lasciato Couiza e il vecchio castello dei duchi di Joyeuse, l’auto si inerpica sulla montagna per una strada tortuosa diretta a Rennes-le-Château. Il paesaggio è di grande bellezza. In lontananza, in una luce abbacinante, si distinguono le gigantesche cime innevate dei Pirenei. Nella valle sono disseminati alcuni borghi e, su uno sperone roccioso, si distinguono le rovine del castello di Coustaussa.

Un’ultima curva, un gigantesco cartello di legno col nome della località ed eccoci alle porte – per così dire – di questa cittadella “addormentata nel bosco”. Un umile carretto tirato da due buoi incitati da una muta di cani abbaianti ci sbarra il passaggio. Certo, è raro veder arrivare una macchina su questa vetta sperduta. Il contadino ci saluta, è il sindaco di Rennes-le-Château, Monsieur Delmas, che va a lavorare nei campi.

La città silenziosa

Penetriamo in questa città silenziosa che nel Medioevo contava quasi 30.000 abitanti e i cui attuali registri riportano le generalità di sole 70 persone. La visita a Rennes-le-Château ci ha fatto scoprire tre curiosità. La prima è il castello che risale all’epoca carolingia e i cui muri malfermi sostengono faticosamente il vecchio torrione.


Rovine del castello Hautpoul a Rennes-le-Château

Questo maniero, di cui restano abitabili soltanto due o tre stanze, è da qualche tempo di proprietà di un ex giudice per le indagini preliminari, Monsieur Fatin, che un tempo fu direttore del Collegio musulmano a Tripoli, presidente della Lega dei Diritti dell’Uomo a Beirut e che, durante l’ultima guerra, fu uno dei collaboratori del generale de Gaulles. Monsieur Fatin, disgustato dalla politica e dagli uomini, si è ritirato in questo castello abbandonato dove consacra molte ore alla meditazione. Vive da contadino, ma un contadino erudito che siamo stati felici di incontrare, perché anche se le sue mani sono callose e ruvide, nei suoi occhi brilla una fiamma particolare e la sua conversazione rivela una spirito lucido e preciso. Monsieur Fatin ci ha accompagnati nel suo “feudo” e ci ha dato un’eccellente lezione di storia e umiltà.

La seconda curiosità è la chiesa romanica, anch’essa di epoca carolingia. Per accedervi si attraversa il piccolo giardino roccioso al centro del quale si erge una croce. Questa fu eretta nel 1897 per commemorare l’unica visita del Vescovo di Carcassonne.

Tra l’altro, il Vescovo era venuto a Rennes-le-Château soltanto per scomunicare il curato del villaggio di cui i vecchi del paese ci hanno raccontato la storia.

Era uno strano prete che preferiva il vino e le ragazze all’esercizio del sacerdozio. Alla fine del secolo scorso, ebbe un’idea assai curiosa. Fece pubblicare in alcuni giornali un annuncio nel quale si diceva che il povero curato di Rennes-le-Château viveva in mezzo a degli eretici e non aveva più alcun mezzo di sussistenza. Impietosì i cristiani del mondo intero segnalando che la vecchia chiesa, un gioiello dell’architettura, era destinata a distruzione certa se lavori urgenti di riparazione non fossero intervenuti al più presto. Il curato ricevette delle somme così ingenti che un bel giorno nel paese videro arrivare tutta una squadra di muratori e operai. Costoro, anziché consolidare la venerabile chiesa, iniziarono la costruzione di una villa in stile rococò, fiancheggiata da un immenso torrione dal quale si può ammirare uno dei più bei panorami della regione. E il bravo curato continuò a fare bisboccia e a gozzovigliare nella sua nuova residenza. Si era d’altronde preoccupato di far incidere all’entrata questa iscrizione che è tutto un programma: “La casa del pastore è la casa di tutti”.

Da allora la parrocchia è stata soppressa e due volte al mese il curato di Couiza si inerpica sulla collina per venire a dire messa a Rennes-le-Château.

L’acquasantiera che orna l’entrata della cappella è sostenuta da un diavolo cornuto dai piedi biforcuti. Un’anziana donna ci ha detto: “È il vecchio curato che è stato trasformato in diavolo”.

La terza e ultima curiosità del villaggio è... un bel bimbetto di circa un anno di nome Jean-Pierre, che è l’unico bambino di Rennes-le-Château. Per di più, non si prevedono altre nascite prima che Jean-Pierre avrà l’età per sposarsi e allora, anche lui avrà senz’altro lasciato il villaggio. E tuttavia, abbiamo scoperto in una vecchia stamberga che serve sia da municipio che da scuola, una piccola classe con otto bambini che studiavano diligentemente la geografia. La maestra, una ragazza di Carcassonne, ci ha presentato i suoi allievi che ogni giorno fanno una decina di chilometri a piedi per venire a scuola. I bambini abitano nelle poche case sparse nelle profondità delle vallate.

Una bambina era assente. "Cosa volete", ci ha detto la maestra, "nella casa paterna oggi è un gran giorno. Hanno ammazzato i maiale".

In un quartiere tra i più deserti di Rennes-le-Château abbiamo incontrato una vecchina che vive isolata, tra case sventrate e granai spazzati dal vento, e che evoca, col suo attaccamento, la perennità della Francia pur in mezzo alla miseria. Parlava uno strano dialetto, ma abbiamo capito che non ha mai lasciato il villaggio anche se i figli, che abitano a Tolosa, vorrebbero che lei si trasferisse da loro. Lei rifiuta. "Sono troppo vecchia", ci dice, "perché cambiare?" Quanta filosofia in questa semplice frase. E noi la guardavamo, questa donna un po’ ingobbita, dal viso rugoso, ma dal colorito fresco e il cui sguardo non ha mai oltrepassato i limiti fissati dalle montagne circostanti. Il vento soffiava e le gonfiava la gonna larga e lei se ne stava lì, davanti a noi, come una vecchia barca nel porto. Qualche anno fa, aveva ancora delle vicine, delle vicine con cui poteva chiacchierare, ma ora non resta più nessuno; è rimasta sola, tra le rovine. Ma nulla potrebbe farle lasciare la sua bicocca e il suo piccolo fazzoletto di terra.

Abbiamo girovagato nelle viuzze deserte e abbiamo incontrato soltanto gatti famelici e cani scheletrici. Qua e là alcune galline becchettavano non si sa bene cosa. E abbiamo provato un sentimento di profonda tristezza. Ancor più della guerra, che ha risparmiato Rennes-le-Château, l’ingratitudine degli uomini ha trasformato questa antica città in un cumulo di macerie.

Les Baux(3), Rennes-le-Château, nomi che sanno di vecchia Francia, nomi di città del passato, città che sbiadiscono ogni giorno di più e di cui ben presto non resterà che un fugace ricordo.

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(1) Cittadina belga situata a pochi chilometri da Liegi.

(2) “Cloche” significa “campana”. In questo contesto è probabile che si faccia riferimento ad un tipo di cappello femminile, detto “chapeau-cloche”.

(3) Les Baux de Provence è un villaggio con una storia simile a quella di Rennes-le Château: da importante centro medievale a villaggio fantasma. Les Baux, a partire dal secondo dopoguerra, è stato oggetto di una riscoperta e di accurati restauri ed è oggi una frequentata meta turistica.

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