Sabato 23 ottobre 2010 by Alessandro Lorenzoni
La mitologia di Rennes vuole che la triade composta dalle fortezze di Blanchefort, Albedun e Rhedae fosse, durante il Medioevo, la sede di una stabile e fiorente attività templare, con tutti i misteri e gli enigmi annessi e connessi. In questo articolo dimostreremo, alla luce dei documenti tuttora esistenti e verificabili, come il coinvolgimento templare risieda quasi esclusivamente su falsità clamorose e fortuite coincidenze.
I Templari a Rennes-le-Château
Rennes-le-Château non ospitò mai, in tutta la sua lunga e sopravvalutata storia, un solo insediamento stabile dei fratelli del Tempio. Per ironia della sorte, l'unico ordine monastico e cavalleresco che ebbe la fortuna di possedere alcune proprietà sul picco sterile di Rennes fu quello degli Ospitalieri.
Rovine del castello Hautpoul a Rennes-le-Château (Credits)
Rennes, durante i secoli bui del Medioevo, era chiamata indistintamente Reddas o Redas, e i suoi signori erano i de Redas od Otonis. Nel 1139, i Redas donarono ai Templari un mulino situato nei dintorni dell'odierno comune di Fa, in località La Lausa. Si trattò invero di un vendita, e non d'un'opera pia propriamente detta, visto che i donatori ricevettero un dono corrispettivo di 150 sous ugoniens.
Nel periodo compreso fra il 1140 e il 1141, i fratelli Boneti de Redas e Petri de Sancto Iohane, figli di Gilelmi di Redas o Gilelmi Otonis e Dame Albe, furono ordinati fratelli e servitori della militiæ Templi Jerosolimitani. Il 16 marzo 1147, Petri e Boneti, ormai divenuti signori dei Redda in seguito alla morte del padre, che non venne più citato negli atti, donarono alla milizia del Tempio tutti i loro possedimenti terrieri e tutti i loro titoli aventi per oggetto delle proprietà situate nella città di Esperazano, cioè Espéraza, e nelle località di Vernoz, cioè les Bernots, luogo situato a Saint Jean de Paracol; Casalrevino, nei dintorni di Magrie; ed Eisocias. I possedimenti dei Redas a Rennes non furono mai donati o concessi al Tempio.(1)
Nel 1156, Petri de Redas, alias Petri de Sancto Iohane, diventò Magister del Tempio di Douzens e, tre anni dopo, fu Procuratore del comitatu Carcassensis et Redensis. Dal 1167 al 1169 fu Commandeur di Carcassonne e del Redensis, e di Douzens (una delle commende Templari più importanti del Razès) sino al
1172. Sotto queste importanti cariche, ricoperte mentre Bertrand de Blanchefort era Gran Maestro dei Templari in Terra Santa, Petri curò un centinaio di donazioni locali all'Ordine.
Morti Petri e il fratello, morirono anche gli unici Templari che avrebbero potuto legare in qualche modo la propria storia a quella di Rennes-le-Château.(2)
Nel 1185, Ugo di Caderonne donò agli Ospitalieri la sua anima e il suo corpo, una casa nel villaggio di Reddis, una parcella di terreno e tutte le sue proprietà situate nel territorio di Sainte Marie de Reddis, compresi i villaggi di Pradines e Moissa, e 600 sous melgoriens. Altre donazioni di campi e di vigne nel territorio di Reddis alla Domus Hospitalis si susseguirono nel 1246, 1255 e 1262.(3)
I Templari a Rennes-les-Bains
La montagna di Blanchefort non è mai stata di proprietà templare, non è mai esistita un sola commenda templare sul suo territorio e non esiste il benché minimo documento riguardante una cessione di un terreno sul territorio di Blanchefort o di Rennes-les-Bains.
Veduta di Rennes-les-Bains (Credits)
Una leggenda, definita laconicamente "tradizione", trasmessa per la prima volta da don Maurice-René Mazières e ripresa tendenziosamente da Pierre Plantard, vorrebbe che la casata dei Blanchefort del Razès, che aveva la propria sede al castrum de Blancafort dell'omonima montagna, fosse in qualche modo legata per via dinastica a quella di Bernard de Blanquefort, sesto Gran Maestro dei Templari dal 1156 al 1169. V'è soltanto un piccolo inghippo in questa "tradizione": Bertrand de Blanquefort, che si dice fosse originario dei dintorni di Rennes-les-Bains o di Tolosa, era nato a una decina di chilometri da Bourdeaux, nella Guyenne (dipartimento della Gironde). Molto probabilmente, Bertrand non mise mai piede nel Razès. Nessuna prova dimostra che le famiglie dei Blanchefort delle Guyenne e del Razès potessero essere in qualche modo collegate per linea dinastica, anzi non esiste la benché minima prova che le due casate fossero in rapporto fra loro. Ne consegue che, molto probabilmente, le due casate non erano collegate per via dinastica e, allo stesso tempo, è provato che Bernard de Blanchefort, della casata del Razès, sua moglie Fabrissa e i suoi fratelli Arnaud e Raymond donarono al Tempio dei terreni a Piusse, Vilarzel ed Espéraza fra il 1132 e il 1138. Ma Blanchefort, sino a prova contraria, non ha mai ospitato un solo Templare.
Non a caso, Clemente V, al secolo Bertrand de Got, era figlio di Bernaud de Got, signore di Villandrout, Graugon, Livran e Uzeste, e di Ida de Blanquefort, forse della famiglia che diede i natali al sesto Gran Maestro dei Templari.(4) Ora, v'è ancora da stupirsi nell'apprendere che Clemente V fosse originario della Guyenne, e non del Razès?
Nel 1231, il fedele siniscalco di Simon de Montfort e valoroso crociato Pierre de Voisin o Vicinis, della famiglia signorile dei Voisins-le-Bretonneux nell'Île de France, divenne signore e barone di Redda, Albedun e la sua foresta, Saint Just, Arques e les Bains. In base ad un cartolario del 1288, Fratello Aymeric, precettore della Domus Hospitalis de Magriano, afferma che La Val Dieu e i boschi circostanti, compresi il bosco di Lauzet (letteralmente: "querce verdeggianti") e la località chiamata Baruteaux, erano stati ceduti agli Ospitalieri a Pierre de Voisins. Si è a lungo favoleggiato a proposito di una commanderie templare di La Val Dieu, ma evidentemente è stata fatta confusione con la vera commenda di Villedieu, a Montauban (Jarn et Garonne). Nel 1290, fratello Aymeric concedette e confidò in ipoteca a Jean de Voisins, figlio di Pierre de Voisins, la bastita di La Val Dieu, nel Reddesio superiori.(5)
Nel 1335, Pierre de Voisins, miles dominus de Albeduno, intentò un procedimento contro l'abbazia cistercense di Fontfroide circa il possesso di un "granaio di Lavaldieu". Venne trovato un accordo nel 1338, in base al quale Jacques de Voisins donò il granaio di Parahou all'abbazia di Fontfroide, e, per sancire l'accordo, un "palo sarà innalzato davanti alla porta del detto granaio".(6)
I Templari a Campagne e dintorni
Nel 1147, Roger I di Carcassonne e di Béziers,
in modo tale che Dio rimetta tutti i suoi peccati e accolga nella sua misericordia l'anima di suo padre Bernard Aton e di sua madre Cecilia, dona e offre al signor Iddio e alla Milizia del Tempio di Salomone di Gerusalemme e ai fratelli che la servono tutta la sua città che è chiamata Campania, che si trova nel Comitatu Reddensi, sulla riva del fiume che è chiamato Auden, il quale fiume la divide in due passandovi in mezzo. Questa città è sull'una e sull'altra riva.
Si tratta di Campagne-sur-Aude.
Veduta di Campagne-sur-Aude (Credits)
La donazione comprende la villa
con tutti i suoi abitanti, uomini, donne e bambini, le sue case, i redditi, i diritti d'uso, gli appezzamenti di terreno con diritti feudali annessi, le terre coltivabili, i prati, i pascoli, i boschi, le sue coltivazioni e i terreni incolti, le sue acque ed acquedotti, con tutti i mulini e diritti di mulino, le peschiere con entrate ed uscite.
In cambio, i monaci guerrieri non avrebbero dovuto esigere dal nobiluomo "censi, imposte, diritti di passaggio e di pedaggio".(7) Dal porto della Torretta, ad Adge, il visconte confermò la propria donazione mentre era sul punto d'imbarcarsi per la Terra Santa. Questa non fu certo l'unica donazione del nobile Roger I. Il primo aprile 1133, egli aveva donato al Tempio
la sua città di Brucafel con tutto ciò che ne fa parte, uomini, donne, terre, prati, vigne, censi e diritti d'uso.
Nel dodicesimo secolo, Limoux e Notre Dame de Marcellano (Marceille) entrano a far parte delle proprietà Templari.(8) Nel 1140, grazie alle donazioni di Pons e Gillelmus de Redas, i Templari entrano in possesso di beni diversi che i due signori possiedono sul territorio di Esperazano, che pare fossero due mulini, delle vigne e alcuni terreni. Da notare che Gillelmus de Redas è il padre dei due fratelli e signori di Reddas che si fecero Templari, vale a dire Petri e Boneti. I due fratelli, poi, donarono tutto ciò che possedevano a Espéraza.(9)
Dal 1312 al 1787 Campagne fu di proprietà degli Ospitalieri, che subentrarono nel possesso di tutte le proprietà che erano state dei Templari.(10)
I Templari a Le Bèzu
Il castello di Albedun oggi è costituito da alcune mura ciclopiche in rovina di origine medioevale, visigota o persino gallo-romana.
Rovine del castello di Bèzu (Credits)
La fortezza era nota nel 1160 come Albeduno, nel 1231 come Albezunum e nel 1262 come Castrum de Albesune. Il mastio venne occupato da Simon de Montfort, che non aveva incontrato alcuna resistenza, durante la Crociata contro gli Albigesi. Questo fatto storico è comprovato dal passo dell'epica Chanson de la croisade Albigeoise di Pierre de Vaux Cernay(11):
Quando si seppe che i Crociati avevano preso Termes,
Tutti i castelli migliori furono abbandonati
E allora fu preso Albejes senza esser assediato.
La guarnigione del Conte [di Tolosa] che ha lasciato il castello,
Non pensando che alla loro vita, i Crociati vi ritornarono.
Alcuni sostengono che questo passo bizzarro si riferirebbe all'intera regione degli Albigesi, tuttavia il fatto che vengano menzionati un assedio e un castello fa supporre che Albejes fosse una fortezza a tutti gli effetti. E l'unica fortezza con un nome simile era Albedun. Non a caso, J. L. J. Brière, nella sua Collection des mémoires relatifs à l'histoire de France, scrive:
Albedun: castello fortificato nella diocesi di Narbona, preso da Simon de Montfort durante la guerra degli Albigesi.(12)
Altri storici, al contrario, ipotizzano che si stesse parlando di Albières, nel cantone di Mouthoumet, o di Nebias, in quello di Quillan. Possiamo dire, quindi, che le varie teorie convivono piuttosto pacificamente e che nessuna sembra prevaricare in modo sufficientemente decisivo sulle altre.
A poca distanza dalle rovine sorge un maniero, chiamato Tipliés, da sempre di proprietà dei signori di Rennes e distrutto dai Calvinisti nel 1573. Tipliés non è un'abbreviazione catalana od occitana del termine francese templiers, ma si tratta semplicemente di un nome di famiglia. René Descadeillas si era incuriosito per questa grave svista storica commessa da diversi autori ed aveva raccolto una piccola collezione di carte ed atti aventi per oggetto il maniero, conservata oggi presso gli Archivi Dipartimentali dell'Aude (raccolta 3 J 339). Per quanto attiene all'origine del toponimo Albeduno, le ipotesi maggiormente significative sono due: secondo un certo Henri Rouzaud(13) il toponimo derivava dal nome di un personaggio romano (il forte di Albios o di Albius), mentre l'ipotesi meno nota, ma molto più plausibile, è quella secondo cui Albeduno deriverebbe dalle parole celtiche alba, montagna, e dunum, fortino. Si potrebbe supporre, quindi, che il mastio fosse in origine, per via delle mura ciclopiche, un piccolo fortino gallo-romano. Altri, al contrario, sostengono l'ipotesi più famosa, cioè quella secondo cui il toponimo significa castello bianco, associando cioè il termine celtico alba al qualificativo latino.(14)
Comunque sia, la fortezza fu di proprietà di un ramo della famiglia d'Aniort dal Dodicesimo al Tredicesimo secolo. I suoi signori erano, infatti, i famosi Sermon o Sesmon d'Aniort d'Albedunum. La storia di questa signoria, tuttavia, si perde nelle nebbie della storia e soltanto oggi siamo in grado di rintracciare qualche piccolo frammento della loro breve e travagliata storia.
Nel 1067, Roger, conte di Carcassonne, morì. Sua madre, Rangarde, donò Rédès e tutta la contea del Redensis, con tutti i castelli e i feudi annessi e connessi, al genero Guillaume e a sua moglie Adalez. L'arcivescovo di Narbona fu un testimone d'eccezione dell'atto di donazione, mentre altri due signorotti ricoprirono lo stesso incarico: furono Sesmond Pere (forma occitana di Petrus) e Bernard Sesmond. Pur non avendo nessuna notizia certa sul grado di parentela dei due cavalieri e sul loro feudo, questo è uno dei primi atti che, secondo gli storici, cita la signoria dei Sesmon di Albedun, un ramo piuttosto importante della signoria di Niort.
Nel 1064, Sesmond Petrus era già stato testimone di un giuramento di tale Bertrand, conte di Cardagne. Circa cinquant'anni dopo, nel 1112, un Petrus de Albeduno fu testimone di un atto di Bernard Aton, visconte di Béziers e Carcassonne, in cui quest'ultimo avrebbe lasciato, qualora fosse morto senza eredi, i suoi feudi di Carcassès, Razès e Toulouz al conte di Foix.
Nel 1147, Bernard Sermon d'Albedun prestò a Roger de Béziers, visconte di Carcassonne, la somma enorme di 3000 sous ugoniens, e la villa di Campagna venne concessa in pegno dal visconte. La famiglia signorile dei Sermon o Sesmon dimostra quindi di far parte dell'élite dell'aristocrazia feudale del Comitatu Reddensis, di essere nel rango dei fedelissimi del visconte e di possedere riserve monetarie di tutto rispetto, onore che non spettò, per esempio, ai Blanchefort del castrum de Blancafort.
Come si può ben capire, si trattò d'una famiglia avente una riserva monetaria copiosa, cosa comprovata dalle numerose donazioni elargite all'abbazia di Fontfroide, a Joucou e ad alcuni ordini religiosi, proveniente, secondo gli storici, dall'attività estrattiva compiuta in qualche miniera nel loro feudo. Siamo ovviamente nel campo delle congetture, visto che nessun atto menziona in modo esplicito la fonte di ricchezza principale di questa curiosa signoria. Miniere avrebbero potuto situarsi sui loro possedimenti, cioè nei dintorni di Bugarach, nel Bézu e la sua foresta, a Sud di Rennes-les-Bains e nell'immenso territorio oggi compreso fra Espéraza e Belvianes (villaggio posto a Sud di Notre Dame di Quillan). Un piccolo indizio, comunque, ci viene fornito dall'atto di assegnazione a Pierre de Voisins, in cui è menzionato Albezunum cum sua foresti, il Bézu con la sua foresta. La foresta, quindi, poteva costituire una fonte di ricchezza molto importante per una signoria locale, sia per i suoi prodotti sia per l'attività pastorizia che un vasto territorio opportunamente disboscato poteva favorire. Il che farebbe dei Sermon una signoria feudale ed agricola, perfettamente in linea con le consuetudini del tempo, che percepiva censi, decime e dei diritti sulle vigne e i terreni di loro proprietà.
Nel 1152 venne firmato un nuovo giuramento, quello di Trencavel, ed è un esponente dei signori di Albedun a fare da testimone. È altamente probabile che i Sesmon fossero i garanti della sicurezza della frontiera catalana del Razèz e dell'importante arcivescovado di Narbona.
Il 22 febbraio 1151, Bernard Sermon de Albedune, figlio di Bernard Sanior, donò la sua anima e il suo corpo a Dio e alla Santa Milizia del Tempio, reddo corpus meum et animam Deo et sancte Militie Templi,
affinché, una volta portata a termine la mia vita, la Santa Milizia mi consacri, o, per decisione dei fratelli della suddetta milizia, si prenda cura della mia anima; e se la morte mi dovesse sorprendere mentre sono impegnato nella vita del mondo, i frati mi accolgano e seppelliscano il mio corpo in un luogo opportuno, e lascino che io fruisca delle loro elemosine e benefici.
Alla donazione si aggiunsero anche mille sous melgoriens per il remedium della sua anima e di quelle di suo padre e di sua madre.(15)
In cambio, quindi, Ugo Raimond, Servus in Christo et Procurator della Santa Milizia e dei suoi Fratelli lo ricevettero ben volentieri come fratello e partecipante alle loro opere buone, affidandogli in vitalizio un privilegio in loro possesso nella città di Espèraza e che Bernard Sermon promise di far valere. La gestione di questo privilegio, cioè di un bene di proprietà templare, potrebbe riferirsi anche al mulino in località La Lausa, donato dai Redas nel 1139, anche se nessun documento è in grado di dimostrarlo in modo incontrovertibile.
Questa donazione consente una serie di considerazioni. Innanzitutto, l'atto fa parte della strategia dei Sesmon; Bernard, infatti, faceva una pia donazione, ma, allo stesso tempo, riceveva in cambio un ruolo piuttosto importante nella gestione dei beni e delle rendite Templari ad Esperazano, con la promessa di divenire a sua volta membro dell'Ordine o, comunque, di godere, al momento in cui sarebbe sopraggiunta la sua morte, del trattamento riservato ai Templari, con la conseguente salvezza della sua anima, cioè la sepoltura nel cimitero dell'Ordine. Si trattò, insomma, della cosiddetta oblazione semplice, per mezzo della quale si donava la propria persona al Tempio in cambio di un beneficio spirituale ma anche materiale. Egli fece anche cinque donazioni al prestigioso monastero di Fontfroide.(16) La famiglia donò molto denaro e svariate proprietà alla Chiesa e agli ordini religiosi, invitando i loro vassalli a fare lo stesso. Tutto questo, oltre per ragioni di carattere spirituale, veniva effettuato per conquistare la potente amicizia del re d'Aragona e del visconte di Narbona, protettori di Fontfroide, e per dimostrare la partecipazione, seppur indiretta, alle Crociate, in concomitanza dell'entrata in guerra dei più facoltosi e potenti signori meridionali, nella Terza Crociata.
Infine, la donazione animae et corporis di Bernard seguì di pochi anni la sua donazione di 3.000 souls melgoriens a Roger di Béziers e di Carcassonne. Questi, nel luglio del 1148, fece testamento e, come abbiamo visto, donò ai Templari la villa di Canpanha, in comitatu Redensis. V'era, tuttavia, un piccolo inghippo: il prestito che aveva ottenuto da Bernard Sesmon gli era stato concesso soltanto in virtù di un pegno, la città di Campanha appunto. Infatti i Templari rimborsarono i 3.000 soldi a Bernard, il quale, poi, pensò bene di ridargliene un terzo. Da questa trattativa di una certa semplicità si potrebbe essere portati a ritenere, e forse a ragione, che Bernard e i Fratelli del Tempio fossero in qualche modo legati da alcuni anni e che la donazione animae et corporis sia stata spinta più che altro da una pia e devota ammirazione che il Sesmon nutriva verso i Templari.
Ma, a parte queste piccole curiosità, occorre notare una cosa che ci fa ritornare alla diatriba da cui ci siano allontanati: il fatto che un templare fosse anche signore di Reddas o di Albedun non prova assolutamente che a Reddas o ad Albedun vi fossero delle commende. Questa è la cosa che gli esegeti moderni non comprendono, forse più per ostinazione che per incapacità. Non erano mai i Templari ad andare dai signorotti: al contrario, erano proprio questi signorotti che si spostavano verso il Tempio. Le carte dimostrano che i Templari non si stabilirono mai al Bézu e a Rennes, ma che Petri e Boneti di Reddas, nonché Bernard Sesmundi, si spostarono verso coloro i quali sarebbero divenuti in vita, o dopo la morte, loro fratelli.
Del resto, un fatto documentato prova al di là di ogni ragionevole dubbio che Bernard Sesmundi non favorì in alcun modo la creazione di una commenda la Bèzu o nei suoi dintorni. Questo evento avvenne in un torrido agosto del 1243. In quel mese, il siniscalco reale di Carcassonne ricevette una delegazione di Templari che voleva intentare un procedimento giudiziario eccezionale contro Bernard Othon, zio di Bernard Sermon, circa la protezione di un "honorem nostrum quem habemus in villa Esperazani". Cos'era successo? Quale terribile evento aveva provocato un'accesa disputa fra i signori di Albedun e i Templari di Campanha? Nel 1242, un gruppo di tredici cavalieri faïdits, cioè di cavalieri che si ritenevano non essere di religione cattolica, politicamente dominante, tornarono dall'esilio a piedi, accompagnati da ben duecento uomini, probabilmente in armi, per tentare di riprendere i loro beni, espropriati dagli occupanti francesi del Nord durante la Crociata degli Albigesi. L'orda scese dai monti, provenendo da Sud, e prese manu militari il borgo di Bugarach, riuscendovi facilmente per via dell'astio che la popolazione provava verso gli occupanti. Le file dell'orda crebbero di nuovi partecipanti, e, rinvigorite, si diressero verso Albedun, Saint Just e Granes. Questi paeselli vennero presi e, a quanto pare, Bernard Othon non fece nulla per fermare gli invasori, fornendo anzi il suo appoggio. Da Granes, i cavalieri ebbero la buona idea di dirigersi verso Campanha, allora di proprietà templare, e la investirono completamente. Al forte erano presenti soltanto due fratelli del Tempio, il nobile Stéphanus e il donato Arnaudon. Questi intimarono agli invasori di non entrare, ottenendo il risultato di farsi, loro malgrado, malmenare e aggettivare in malo modo. La soldatesca dunque "fracassò le porte delle feritoie con delle asce". Questa cosa appare curiosa, poiché i Templari si mantennero neutrali durante la crociata, sostenendo che i cristiani non si potevano uccidere fra di loro. Se i fratelli del Tempio fossero stati di più, probabilmente la marmaglia si sarebbe contenuta, anche se i fratelli della Milizia non avrebbero mai alzato le armi contro degli altri cristiani.
I Templari si videro così privati di una proprietà che apparteneva loro da ormai cent'anni e, dopo infruttuosi tentativi di accomodamento, il precettore del forte di Campanha, fratello Stephanus, ricorse, come abbiamo detto, di fronte al siniscalco di Carcassonne, dichiarando laconicamente:
Bernardi Hotonis venit ad villam de Campanha cum XII equitibus et bene II C° peditibus cum armis, et acceptis portis barbakane et deffentione facta de eis fregerunt portas ville de Campanha cum securibus, et eun de villa de Campanha per vim eiecerunt cumquodam donatum qui vocatur Arnaudon et quondam homines ville ibi percusserunt et verberaverunt…
L'udienza fu breve e la sentenza fu emessa dopo un mese: i Templari sarebbero ritornati a Campanha. Il buon Bernardi Hotonis, sospettato - e a ragione - dai Templari che avevano dato il via al procedimento, si presentò alla prima udienza del processo, accompagnato da testimoni e da alcune lettere da lui fabbricate che avrebbero provato che la città di Campanha, o almeno una buona parte di essa, apparteneva per diritto ai Sesmon di Albedun da molto tempo. Quando si tennero le successive udienze, tuttavia, disertarono sia i testimoni che Bernardi Hotonis, rifiutando di comparire. Vi furono ben tre rinvii del processo, e alla fine i Templari vinsero e vennero reintegrati nel possesso della villa.
La storia narrata da Bernardi Hotonis, che appare in certi casi frutto della sua stessa fantasia, è presto detta. Essa inizia nel luglio del 1147, quando Roger I di Béziers dona ai Fratelli del Tempio il borgo di Campanhia, a patto che i monaci guerrieri estinguessero il suo debito di 3.000 sous ugoniens che aveva contratto con Bernard Sermon, essendo la città ipoteca in suo favore. I Templari, come sappiamo, pagarono e l'ipoteca venne estinta.
Poi, in quello che oggi definiremmo flashback, Hoton narrò una nuova storia, per cercare di provare che gli Albedun vantassero ancora dei diritti sul borgo attraversato dall'Aude. Nel 1150, Roger I morì senza discendenza, e suo figlio Raymond Trencavel divenne a visconte. Nel 1167 morì anche Raymond Trencavel, lasciando due figli: Roger II e Raymond Trencavel II. Ognuno di loro possedeva ancora, secondo Hoton, una fetta della villa di Campagne, ed entrambi, avendo bisogno di liquidità, impegnarono le loro rispettive proprietà a dei vassalli. Bernard Sesmond, contro un prestito di 1000 sous melgoriens, entrò in possesso della parte di Trencavel II.
Ma, durante la crociata contro gli Albigesi, il figlio di Roger II morì e Simon de Montfort si autoproclamò visconte, subentrando come proprietario, senza peraltro pagare nulla dei debiti o delle ipoteche precedenti in favore dei vassalli, dell'intero borgo di Campagne.
Anche se i Templari e gli Ospitalieri si mantennero neutrali durante la crociata, senza parteciparvi direttamente, i primi tendevano comunque a favorire i signori del Nord, in quanto la maggior parte delle commende erano situate nel Settentrione del regno di Francia, mentre gli Ospitalieri sostenevano indirettamente i signori del Sud, in quanto essi si erano insediati in gran parte nel Midi.
Nel 1215, quindi, Simon de Montfort donò l'intera villa di Campanha ai Templari in segno di riconoscenza. Bernard Sermon perse quindi la terra che gli era servita da garanzia nella sua parte di Campagne, dopo che aveva perso anche la possibilità di richiedere l'estinzione dell'ipoteca in suo favore. Ma la storia di Hoton non finisce qui: nel 1229, dopo i disordini della Crociata, Bernard Sermon venne reintegrato nelle sue proprietà e suo zio, Hoton, ricevette i suoi diritti sulla villa di Campanha. I Templari, tuttavia, avrebbero di fatto estromesso Hoton dalla sua proprietà di Campanha, cosa che lo spinse a riprendersela, nel 1242, manu militari, mentre i Trencavel cercavano, senza successo, di fare lo stesso per riprendersi Carcassonne.
In verità, appare evidente che in questa storia v'è qualcosa che non quadra: se Hoton era il legittimo proprietario d'una parte di Campanha, perché non intentò lui stesso un processo contro i Templari quando venne spossessato dei suoi beni? E perché i Templari attesero un quasi un anno per far valere la loro azione di reintegrazione? Molto probabilmente, si cercò un accomodamento, forse perché Hoton, nonostante il sospetto di aver fornito false testimonianze al processo, aveva comunque alcune proprietà a Campanha che i Fratelli dell'Ordine avevano occupato più o meno in buona fede.(17)
Ma se le donazioni dei Sesmon erano state prevalentemente d'ordine escatologico, con la Crociata la loro tattica mutò drasticamente: se prima le loro donazioni era state fatte per farsi amicizie potenti, ora esse erano un modo come un altro per salvarsi dagli Inquisitori. In effetti la casata d'Albedun, vassalla dei visconti di Carcassonne, lottò inizialmente contro i crociati di Simon de Montfort, appoggiando quindi il catarismo. Verso il 1210, come abbiamo visto all'inizio di questo capitolo, i crociati di de Montfort riuscirono a prendere, senza nemmeno porlo sotto assedio, il castrum de Albedun, o comunque un castello chiamato Albejes. Forse, Bernard Sermon se n'era ormai andato dal suo castello senza nemmeno preparare lo stato d'assedio. L'anno seguente, egli si sottomise a de Montfort, per cercare di mantenere le sue terre e di salvare il salvabile. Dieci anni dopo, ritroviamo qualche Sermon in alcuni atti notarili, segno che la signoria, seppur composta da faïdits, era riuscita a mantenere le sue terre. Ma l'adesione dei Sermon all'eresia catara li avrebbe ben presto portati alla rovina. Nel 1229, Bernard Sermon le Vieux nascose Guilhabert de Castres con otto compagni e, verso il 1240, Guillaume-Bernard Hunaud, entrambi due perfetti catari perseguitati. Il 22 aprile 1244, uno dei difensori di Montségur, tale Béranger de Lavelanet, scrisse in una deposizione all'Inquisizione che Bernard Sermon le Vieux si era recato persino a Montségur per compiervi un pellegrinaggio ed "adorarvi Guilhabert de Castres e tutti gli eretici"(18) sette anni prima. E fu Bernard Sermon le Jeune a compiere la famosa spedizione punitiva contro i Templari di Campanha; difatti diverse testimonianze provano che fu proprio Bernard a "cacciare con la forza" il fratello Arnaud "con degli uomini d'Espéraza, di Bugarach e del Bézu", mentre i Trencavel cercavano di condurre una disperata offensiva per riconquistare le loro terre.
Questi fatti fanno dei Sermon delle persone mal viste agli occhi degli inquisitori e la loro storia si fa quindi molto frammentaria. Essi assunsero un atteggiamento ambiguo, cosa comune a tutti le famiglie occupate dai signori del Nord, verso i crociati e Simon de Montfort. Verso il 1229, sembra che Bernard Sermon, allora a Perpignano sotto la protezione dei Trencavel e del re Jacques d'Aragona, fosse sul punto di cedere alle richieste di Bernard Othon de Niort, il Bernardi Hotonis che occupò Campanha, circa la cessione del castello di Albedun in cambio del suddetto borgo. Tali trattative famigliari, evidentemente, non ebbero alcun seguito.
Nel 1218, Simon de Montfort era morto e il figlio aveva fatto dono al re di Francia delle proprietà acquisite dal padre. Nel 1231, Luigi IX donò il castrum de Albedun a Pierre de Voisins, confermando la donazione nel 1248. A quest'epoca, il castello doveva essere in parte distrutto, o almeno questa è l'ipotesi più accreditata, e la sua foresta faceva parte indissolubile dell'assegnazione a Pierre de Voisins, il quale divenne ufficialmente dominus de Rhedes, de Albeduno et de Bugaraggio.
La famiglia di Albedun, nonostante il periodo difficile, viveva probabilmente ancora nel suo castello, anche se un processo intentato nei loro confronti nel 1244 sembrò escluderli del tutto dalla loro signoria. Essi perdettero il lustro che avevano un tempo e vennero declassati al rango di signorotti locali. Dal 1248 essi non possedettero più nulla, le loro terre vennero confiscate, ma, fortunatamente per loro, nessun processo fu indetto per giudicare la loro adesione al catarismo. Un atto del 1262 narra di una disputa fra la figlia di Bernard Sermon e suo padre. Poi, più nulla. La signoria dei Sermon si estinse definitivamente con Mabilia d'Albezun.
Nel Quattrocento, la proprietà del luogo passò dai Voisins ai de Malfranc, poi a Jean de Marquefave e, infine, alla casata degli Haupoul. Nel 1594, un documento recita:
Nel detto luogo del Bézu vi sono un antico castello in cima ad uno sperone roccioso e una chiesa, anch'essa in rovina.
Si può concludere, quindi, che a partire dal Quattordicesimo secolo la fortezza di Albeduno perse d'importanza, in concomitanza con lo spostamento della frontiera e la decadenza della signoria locale. La principale funzione di Albedun, cioè quella di sorvegliare il confine fra i territori dei vassalli del re di Francia e quelli d'Aragona, venne quindi mancare, portando al declassamento della fortezza al rango di semplice maniero di caccia e poi al suo totale abbandono.
Il mito dei Templari del Bèzu
Dagli anni Ottanta del XX secolo scorso le rovine deformi del castello di Bézu vennero qualificate impropriamente e ostinatamente, su tutte le cartine dell'Istituto Geografico Nazionale francese, come un Castello dei Templari.(19) Verrebbe da chiedersi, quindi, da dove è scaturita questa leggenda che vede in Albedun una castello templare, visto che tutti i fatti storici degni di nota avvenuti al Bézu riguardano un solo templare, Bernard Sermon. Questa leggenda è scaturita dalle affabulazioni di Pierre Plantard, Maurice-René Mazières e Gerard de Sède. Riteniamo, infatti,
che il termine Tipliès, riferito ad un maniero abbandonato nei pressi del Bézu, sia stato l'unico fatto che abbia portato a ritenere che la zona avesse ospitato dei Templari. Sfortunatamente, Tipliès era il nome di una famiglia autoctona di Bézu, di cui si possono vedere ancora oggi le tombe nel cimitero del villaggio di Saint-Just.
René Descadeillas riuscì a provare al di là di ogni dubbio, inoltre, che la famiglia Tibliès fece la sua comparsa negli archivi a partire dal Cinquecento e, del resto, il termine Templari, in francese Templiers, non è mai stato abbreviato in francese, né tanto meno in occitano, aragonese e provenzale in un Tipliès o Tibliès.
Ma una leggenda locale vuole comunque che nella notte fra il 12 e il 13 ottobre, anniversario dell'arresto dei Templari ad opera di Filippo il Bello, i fantasmi degli antichi cavalieri dalla croce patente scendano lentamente da Albedun per incamminarsi verso la cascina di Burateaux, passando attraverso un campo che i contadini non coltivano perché credono essere un cimitero templare. Nella cascina, i fantasmi scomparirebbero in un pozzo, ove la leggenda vuole che vi sia stata gettata una campana in argento. Nel 1989 alcuni ricercatori decisero di verificare se questo fenomeno straordinario fosse reale o una leggenda tramandata dagli abitanti del paese. Al gruppo s'aggiunse anche una troupe della televisione tedesca, che stava girando un documentario sui Templari di Francia, e un giornalista di un quotidiano francese. Giunta una splendida notte di luna piena, alcuni si posizionarono in cima alle rovine del Bézu, altri alla cascina di Burateaux, e attesero. L'esito dell'esperimento è facilmente prevedibile: non avvenne nulla quando scoccò mezzanotte. Quando le prime luci dell'alba illuminarono le imponenti rovine del castello, si intuì che gli unici a mancare al lugubre rendez-vous erano stati proprio gli invitati d'onore: i fantasmi dei Templari(20).
Sebbene i Templari non abbiano mai messo piede al Bèzu post mortem, alcuni hanno creduto e credono tuttora che secoli addietro vi fosse una commenda dei monaci guerrieri ad Albeduno. Ci apprestiamo, quindi, a fare un breve viaggio nel mito dei Templari del Bézu: per lo stupore del lettore, si incontreranno personaggi del tutto insospettabili.
Il primo è l'ormai defunto don Bruno de Monts, che scrisse nel suo libro Rennes-le-Château et Rennes-les-Bains(21) che il forte sarebbe stato di proprietà dei Templari dal 1292 al 1307 "per circostanze politiche".
Il secondo personaggio è René Descadeillas, il quale dichiarò a sua volta, nella sua opera Mythologie du trésor de Rennes:
Precisiamo che non vi fu mai nessuna Commenda templare al Bèzu, ma una semplice residenza dei Templari di Maiorca che dipendeva dalla commenda di Mas Deu. Essendo stranieri, questi Templari non furono colpiti dalle misure detentive volute da Filippo il Bello.(22)
Purtroppo, la citazione non ci aiuta a comprendere meglio quali siano le prove di simili asserzioni. Dobbiamo, quindi, tornare all'opera di Bruno de Monts, in cui leggiamo che "questo lavoro non avrebbe potuto essere realizzato se non grazie alle note personali del curato Maurice-René Mazières". De Monts, infatti, non faceva altro che ripercorrere le teorie alquanto discutibili di un suo confratello, il fu don Maurice-René Mazières (Perpignan 1909-Carcassonne 1988). Quest'ultimo fu l'autore di due curiosi e controversi articoli, intitolati La Venue et le séjours des Templiers du Roussillon à la fin du XIIIème et au début du XIVème dans la vallée du Bézu (Aude) e Un épisode curieux, en terre d'Aude, du procès de Templiers, entrambi editi nelle Mémoires de la Société des Arts et des Sciences de Carcassonne.(23)
Il primo articolo del sacerdote è dedicato ai Templari. In esso, don Maurice-René Mazières cercò di dimostrare come la valle del Bézu fosse stata occupata da milizie del Tempio straniere, vale a dire dell'Aragona-Roussillon, ospiti del signore di Rennes Pierre de Voisins. Nel secondo articolo, il reverendo cercò di dimostrare come il re di Francia Filippo III l'Ardito fosse passato - con suo figlio di 15 anni, il futuro Filippo IV il Bello - nella valle dell'Aude nell'agosto del 1283.
All'inizio della ricerca storica, Mazières elenca le diverse "prove" che lo hanno portato ad interessarsi della vicenda; eccole:
1. Le tradizioni orali e le leggende di Saint-Martin-Lys, della valle di Brézillhou, di quella del Bézu, del villaggio di Saint-Just, dell'altopiano di Lauzet, di Campagne-sur-Aude, di Quillan e di altri luoghi.
2. Le testimonianze di rovine, molto numerose in questa regione.
3. Numerosi documenti agli Archivi Dipartimentali dei Pirenei Orientali.
4. Delle precedenti ricerche effettuate: dall'ingegnere capo Cros, anziano direttore della rete ferroviaria dello Sato, anziano allievo della scuola politecnica, ritiratosi allo stabilimento termale di Ginoles, di cui era divenuto proprietario dopo il suo matrimonio; era un ricercatore infaticabile.
5. Le informazioni fornite da altri eruditi
...che noi riassumiamo nel Signor Pierre Guérard e nel
Signor curato Cyr Izard, sacerdote rimarchevole per le sue qualità morali e per i doni della mente, che fu per vent'anni curato di Saint-Just le Bézu e di molte altre parrocchie vicine, e che amò profondamente questo paese sondandone gli Archivi e le tradizioni orali. Egli avrebbe certamente condotto a buon fine questa ricerca storica concernente i Templari della Valle del Bézu, ricerca che avrebbe affrontato per intero, se la morte non l'avesse brutalmente sorpreso il 3 settembre 1940.
Nonostante il sacerdote affermi di aver consultato diversi archivi, si scopre ben presto che i documenti concernenti i Templari sono in mani private o inesistenti. Egli cita la tradizione orale secondo cui "i monaci non mancavano certo nel paese" e "vi erano ancora dei monaci al Bézu, ma essi non erano come gli altri, erano dei monaci-soldati giunti dal Roussillon". E continua asserendo che essi avevano offerto ai monaci del luogo una cappella, con una pietra che recava incisa una "strana croce", demolita durante le guerre di religione. Qualche riga dopo, il reverendo scrive:
Non bisogna chiedere alle tradizioni orali un'esattezza rigorosa. A Saint-Paul-de-Fenouillet, per esempio, i "monaci" erano in realtà dei canonici,
invece
La tradizione narrata a Saint-Martin-Lys si riferisce al Bézu, a Saint-Just, a Campagne-sur-Aude e parla sempre di "monaci-soldati", ma li designa anche con il loro vero nome: "i Templari" o ancora "i poveri Templari" [...] La tradizione precisa ancora che i Templari di Campagne erano dei Francesi, mentre quelli del Bézu erano stranieri, della provincia dell'Aragona-Roussillon.
L'ipotesi di don Mazières appare principalmente fondata sulla tradizione orale e sull'interpretazione del termine Tipliés, come contrazione del termine templiers, Templari le cui forze militari, stando alla fervida fantasia del sacerdote, potevano tenere testa a tutte le armate dell'Europa unita (!).
Ma Mazières continua aggiungendo:
La tradizione precisa, e i documenti lo confermano, che i Templari di Campagne erano francesi, mentre quelli del Bézu erano stranieri, della provincia d'Aragona Rossiglione.
Eppure, se esistono dei documenti, perché non citarli o mostrarli in riproduzione? Comunque, dopo aver divagato sulle tradizioni orali e sulle leggende, finalmente il curato analizza la storia affermando alcune cose interessanti:
Pierre de Voisins, il siniscalco di Simon de Montfort, è sempre stato legato ai Templari da una viva amicizia [...] nel 1231 il Bézu e la sua foresta sono assegnati a Pierre de Voisins; mentre il signore di Bézu, della casata degli Aniort, viene defraudato e i membri della sua famiglia si nascondono nelle cascine vicine.
Finalmente don Mazières si appoggia su dati storici certi, e non commette errori. Nondimeno, si torna nella più grande indecisione quando il curato afferma che, ai piedi del Roc du Bézu, si trovava la "maison" o "castello dei Templari"; questa Casa era fortificata ed era una sorta di "castel", cioè un "posto d'osservazione rimarchevole", poiché le tradizioni riportate da don Delmas, curato di Rennes-les-Bains, e da don Jean Cabanier, l'ultimo curato di Bézu prima della Rivoluzione, l'identificavano con l'espressione "il castello dei Templari". A parte gli scritti semisconosciuti di Cabanier, conosciamo il manoscritto di Delmas del 1709, intitolato Antiquités des bains de Montferrand communément appelés les bains de Rennes, in cui non compare la benchè minima traccia di un fantomatico "castello dei Templari". Insomma, documenti non citati, scomparsi o persino alterati portano il sacerdote a concludere che: "vi fu, durante qualche anno, nella vallata del Bézu, una Casa dei Templari" in cui il signore di Rennes aveva fatto chiamare dei Templari "perché questi garantissero la sicurezza della regione". Questi Templari sarebbero stati del Rossiglione, e quindi non prettamente francesi, e amici dei re di Perpignano. E questo, per inciso, sembra eludere ogni ricerca negli archivi francesi: se i Templari erano venuti in segreto e dall'estero, nessun documento potrebbe comprovare la loro venuta! Un abile artificio per evitare la critica degli scettici? Parrebbe proprio di sì.... Ma questo artificio sarebbe controproducente: se è vero che non vi sono documenti atti a dimostrare la venuta dei Templari, allora essa è, sì, inverificabile, ma anche, e significativamente, indimostrabile. Mazières sembra indicare che occorre ricercare negli archivi esteri. Questo, ammesso e non concesso che sia stato fatto, non ha ancora prodotto alcun risultato.
Uno dei pochi documenti misteriosi a cui fece riferimento il venerabile sacerdote, fu una relazione del 1141 di un certo Almaric de Narbonne, siniscalco di Carcassonne, riguardante un processo intentato da un membro dei d'Aniort, il quale voleva far valere i suoi diritti sulle terre di Campagne e di Reddes, appartenute ad un templare. Molto probabilmente si tratta delle terre di Petri o di Boneti di Reddas, di cui abbiamo già parlato. Su questo documento ci concentreremo successivamente; tuttavia, basti sapere, per adesso, che l'istanza non venne accetta perché i fratelli del Tempio di Carcassonne e di Mas Déu avevano dato asilo ai "buonuomini" catari.
La cosa a dir poco curiosa è che
nel 1943 il manoscritto era di proprietà dell'anziano curato di Campagne-sur-Aude, don Antoine Beaux, ed è scomparso durante l'occupazione tedesca.
La copia portava un'annotazione di due curati di Campagne, una di don Delmas, datata 1831, e un'altra annotazione a margine di don Médus, del 1780. Nel documento i Templari di Carcassonne e di Mas-Déu venivano accusati di aver dato asilo ai Catari durante la Crociata, e don Médus vi aveva scritto "Menzogna!"; successivamente, don Delmas aveva replicato ironicamente "Signor Médus, i Templari avrebbero anche prestato giuramento alla costituzione". Peccato che il documento sia scomparso e andato perduto!
Come se non bastasse, don Mazières riporta un'altra notizia curiosa:
Nel 1860, il nonno dei signori François e Ernest Rougé, proprietario a Saint-Just e al Bézu, scoprì molto vicino alla sua proprietà, nel luogo denominato "Charbonnières", un lingotto d'oro di circa cinquanta chilogrammi, che vendette successivamente a un mercante ambulante di Perpignano. Questa scoperta fece supporre, all'epoca, che i Templari erano venuti a nascondere dell'oro, ma niente prova che questo oro provenga veramente da loro; forse, essi furono vittima di un furto.
Qualche riga prima, Mazières scriveva:
Altra conferma delle tradizioni... verso il 1925-1930, la famiglia Roques-Rougé, proprietaria del possedimento dei Templari, volle far costruire un ovile, ma, alla sorpresa generale, gli scavatori portarono alla luce delle strane fondamenta, facenti parte d'una costruzione quadrangolare che poteva essere alta anche 15 o 20 metri, tenendo conto all'importanza delle fondamenta.
Il sacerdote concludeva: visto che nessuna tradizione era riferita a quel luogo se non quella dei Templari, la costruzione doveva essere d'origine templare. Qualche pagina più in là, Mazières riporta la tradizione degli abitanti, secondo cui:
quelle genti, dicevano, sono venute per spiare o per utilizzare un tesoro o ancora per nasconderne uno, forse.
Dopo aver escluso tutte le ipotesi militari o politiche, geografiche o strategiche, anche Mazières sembra propendere per la storia del tesoro, e scrive:
C'è ancora un'ipotesi, inevitabile, quella che è gradita di più all'immaginazione popolare, l'ipotesi del tesoro; e qui ci troviamo in presenza di due tradizioni opposte: una tradizione afferma che i Templari sono giunti per sfruttare un certo tesoro dei Visigoti, nascosto da questi ultimi nel VI secolo in diversi luoghi dell'altopiano di Lauzet e, in particolare, a Blanchefort. Ma se un tesoro è veramente esistito ed è stato veramente nascosto là, nel VI secolo, doveva restarne ben poca cosa nel XIII secolo; e tutto questo non valeva certo la pena di fare uno spostamento. La tradizione aggiunge che uno dei Grandi Maestri dell'Ordine del Tempio, Bertrand de Blanchfort, originario di Tolosa, che diresse l'Ordine dal 1156 al 1169, era imparentato coi signori di Blanchefort, detti anche de "Blancfort" o "Blancafort", che scomparirono nel corso della guerra contro gli Albigesi. Blanchefort, da questo momento, non è altro che un titolo nobiliare legato a un terreno.
L'altra tradizione afferma che, ben lungi dal venire a cercare dell'oro, i Templari ve ne abbiano portato, dissimulando in nascondigli segretissimi una parte delle loro riserve monetarie, le quali non erano più al sicuro nel Roussillon, stessa cosa anche per quanto riguarda le grandi riserve monetarie confiscate dalle grandi famiglie del Rossiglione, quelle che erano del partito "Maiorchino" e che, d'altronde, dopo il 1307 non recuperarono più il loro depositi. Può anche darsi che si trattasse dei beni del re di Maiorca. La loro presenza nella vallata del Bézu avrebbe potuto far credere che essi dissimulassero in questo luogo o nei suoi dintorni immediati tutti questi tesori. In verità, essi ne avrebbero confidato una grande parte ai Templari di Campagne-sur-Aude, il quali avrebbero dissimulato il deposito in un sotterraneo e in un "nascondiglio" situato sotto la chiesa o nei dintorni della stessa. E quello che ha contribuito a ad accreditare questa asserzione è che Campagne è una piccola città medioevale molto curiosa per tutte le vestigia del passato che racchiude e per la presenza di sotterranei di cui restano ancora delle tracce, cosa che accredita ancora la tradizione, è il fatto che sull'altopiano di Lauzet e nella valle del Bézu vengano fatte delle scoperte assai strane.
Effettivamente mancava soltanto il tesoro per rendere questa storia inverosimile. Da che cosa è scaturita questa storiella? Dalla domanda erronea: "Per quale motivo i Templari del Rossiglione vennero nella valle del Bézu?". La domanda corretta che dovrebbe precederla, però, è un'altra: In base a quali prove i Templari si sarebbero stabiliti nella valle?.
Perché, fra tante ipotesi, Mazières tirò fuori proprio la storia del tesoro, e proprio mentre un turista bizzarro, Pierre Plantard, si dilettava a gironzolare per i sentieri di Rennes-les-Bains, facendo domande strane agli abitanti della zona, che lo credevano un pazzo? Ad essere sinceri, è ventilata nella nostra mente l'ipotesi secondo cui don Mazières fosse stato in qualche modo attirato nella rete di Plantard, anche se, in tutta onestà, riteniamo che questa "tradizione", seppur chimerica, sia stata usata da Plantard e non creata da lui stesso con la complicità del sacerdote.
Ma, a parte queste leggende aurifere e la loro genesi quanto mai incerta, vediamo cosa ne pensava don Mazières:
Che pensar di questa seconda tradizione? Potrebbe essere che i Templari abbiano portato in questa residenza del Bézu qualche riserva monetaria, come facevano altrove; potrebbe essere ancora che essi siano stati vittima di ruberie da parte del loro personale, poiché i servitori del Tempio lasciavano a desiderare dal punto di vista morale... ma perché avrebbero dovuto portare delle grandi somme in questa regione, visto che disponevano già, nei loro possedimenti, di "nascondigli" ben organizzati?
Don Mazières si dimostra quindi piuttosto critico per quanto riguarda entrambe le tradizioni aurifere, affermando nondimeno che la valle del Bézu, terra dei Voisins, poteva essere un rifugio ideale per nascondere armi e beni dell'Ordine. E questo per inciso sembra comprovare l'asserzione secondo cui queste leggende erano effettivamente "antiche". Ad essere sinceri, però, l'ipotesi del tesoro templare proprio non convince e tutti i tentativi di legare quel lingotto trovato da Rougé ai Templari si sono rivelati vani. Sembra che i membri dell'Ordine del Tempio utilizzassero sporadicamente moneta saracena, il cui valore di cambio era piuttosto elevato, e sembra anche che il lingotto fosse stato ottenuto fondendo monete saracene, i marabotins. Ma si tratta soltanto di supposizioni. In definitiva, il tesoro (rappresentato dal lingotto) si potrebbe ricollegare a un deposito d'oro lasciato in custodia dai Templari alle famiglie nobili del tempo o addirittura potrebbe trattarsi di un deposito, già di proprietà della famiglie nobili (come gli Aniort o i Voisins), proveniente dalle casse del Regno di Aragona, le quali si erano riempite con i vari tesori rubati ai saraceni durante la Reconquista. Del resto, a parte il lingotto, gli unici utilizzi d'oro nella regione risalgono al 1307 e al 1344, e le persone immischiate nel suo utilizzo illecito erano vassalli o esponenti di nobili famiglie del Razès tutt'altro che in relazione diretta con i Templari.
Ma che cosa ne fu del lingotto? Si dice che venne venduto dall'allevatore che l'aveva trovato, mentre era alla ricerca del foraggio da dar da mangiare alle sue pecore e le sue capre durante una torrida estate, ad un orafo di Perpignano con il concorso del curato di Saint-Just. Alcune monete vennero distribuite ai compaesani più bisognosi e a quelli delle parrocchie vicine; ovviamente, anche il nostro curato intermediario ricevette un sostanzioso obolo. Il buon Rougé s'acquistò una fattoria e trecento animali. Forse fu proprio questa scoperta a dar vita alla tradizione narrata da don Mazières.(24)
Comunque, questo primo articolo del sacerdote si conclude con un invito:
Vi invito, dunque, la prossima notte dal 12 al 13 ottobre a fare un'ascensione al Roc du Bézu e ad installarvi nelle rovine; alla luce della luna, voi vedrete, guardando giù dal picco vertiginoso verso l'abisso, la cascina dei Baruteaux: là si trova il pozzo misterioso in cui riposa da più di seicentocinquanta anni la piccola campana d'argento dei Templari. Tutte le notti dal 12 al 13 ottobre, secondo la leggenda, essa suona il rintocco a morto, e voi vedrete in seguito una lunga fila di ombre biancastre che sopraggiungono dal cimitero abbandonato e che salgono verso le rovine: sono quelli i Templari passati a miglior vita. Essi cercano la chiesa, la piccola chiesa di tanto tempo fa, per cantarvi l'ufficio dei defunti.
Nel suo secondo articolo, intitolato Un épisode curieux, en terre d'Aude, du procès de Templiers, don Maurice-René Mazières sembra fornirci la prima e ultima notizia riguardante l'unico documento che provi la presenza templare al Bézu. Prima di analizzare questo documento, però, affronteremo un'altra storia: quella di Filippo III in Terre d'Aude.
La storia ufficiale narra di come, nell'agosto del 1283, il re di Francia Filippo III, mentre preparava una guerra contro il re d'Aragona, fece un viaggio segreto in Linguadoca, portando con sé il figlio maggiore, il futuro Filippo IV il Bello. Secondo don Mazières, il re aveva fatto prima tappa a Limoux, poi a Campagne e, infine, a Brenac, passando per Caderonne. In quest'ultima località aveva incontrato il signore di Brenac, Raymond d'Aniort, figlio di Bertran d'Aniort (cugino sia del re Jacques d'Aragona che del re di Francia). Don Mazières, in questo caso, fa veramente opera di storico, indicando con dovizia di particolari le ragioni del viaggio del re, ovverosia ragioni di carattere famigliare (ingraziarsi l'amicizia del cugino d'Aniort) e di carattere politico e militare: il re di Francia aveva stretto alleanza con Jacques I di Maiorca il 16 agosto, a Tolosa, e aveva bisogno anche dell'alleanza con la potente famiglia d'Aniort per essere sicuro di vincere la sua crociata contro l'Aragona.
Tuttavia, il sacerdote non riesce a provare totalmente il passaggio del re di Francia nei suddetti paesi perché
la raccolta dei fatti storici avvenuti nella valle del Bézu, nell'altopiano di Rennes e nelle regioni vicine è stata fatta all'inizio del secolo scorso da Jean-Pierre Cabanié, curato di Bézu prima della Rivoluzione e, del resto, ultimo curato di questo luogo, poi reverendo di Saint-Just, una località vicina.
Abbiamo una raccolta, quindi. Peccato, tuttavia, che
i manoscritti e le sue copie sono scomparse alla morte dell'ultimo curato di Saint-Just, nel settembre 1940, don Cyr Izard, sacerdote molto stimato e istruito. La malattia lo uccise in tre giorni in un modo del tutto inatteso. La scomparsa dei manoscritti (originali e copie) resta un enigma.
L'enigma, in verità, si presenta quando si cerca di trovare una debole traccia di questi documenti, citati soltanto da don Mazières. Non è certo con i documenti scomparsi, mai visionati e mai riprodotti, che si fa la Storia, soprattutto se quanto contengono non trova nemmeno una sola conferma in altri carteggi. L'unica speranza risiede in una plausibile riscoperta di questi carteggi, sempre nel caso in cui siano realmente esistiti. Rimettersi completamente a don Mazières ci sembra azzardato: ben più saggio sarebbe mettere da parte entrambi gli articoli, in attesa che si possa trovare una conferma o una definitiva smentita. Ben più capzioso risulterebbe, al contrario, utilizzarli per comprovare una teoria, il che, letteralmente, costituirebbe la completa negazione delle testimonianze documentali esistenti.
Ma torniamo ai Templari: don Mazières afferma che
nel novembre 1942 sparirono dal presbiterio di Campagne-sur-Aude (che è l'antica dimora, molto curiosa da visitare, dei Cavalieri Templari) un calice molto bello, appartenuto ai Cavalieri di Malta, signori di Campagne prima del 1789, e dei manoscritti (probabilmente copie di alcuni atti); questa scomparsa suscitò una viva emozione...
Invero provvidenzialmente, don Mazières sostiene anche di conoscere il contenuto di uno di questi atti (avuto fra le mani nel 1941), e scopriamo che si tratta dello stesso documento del 1411 che abbiamo citato qualche riga fa, parlando del primo articolo del sacerdote. Nondimeno, il curato ci fornisce alcune precisazioni: il processo è stato intentato da Jean d'Aniort, signore di Brenac, per ricuperare i beni appartenuti ad un suo parente fattosi templare, tale Udaut d'Aniort, figlio del suddetto Bertrand d'Aniort, ed espropriati dal re. Questi beni sarebbero stati situati a Rennes-le-Château e a Campagne. In tutta risposta, il siniscalco di Narbona liquidava la richiesta affermando che i beni erano stati legittimamente confiscati dal re di Francia, in quanto i "fratelli del Tempio" di Campagne e di Bézu avevano dato illegittimamente asilo ad alcuni "buonuomini" catari.
Si possono ravvisare almeno due differenze nei due racconti di Mazières circa questo documento: nel primo articolo, infatti, il templare di Rennes e di Campanha non aveva un nome e i fratelli del Tempio che avevano dato asilo ai catari erano quelli di Douzens e di Mas Dèu, e non quelli di Albédune. Ma le differenze inspiegabili non si fermano qui: Jean d'Aniort, sia nel primo che nel secondo articolo, è signore dei Prats e di Lauzet, il che sembra discordare con quanto ci riferiscono le cronache, visto che Lauzet, con ogni probabilità, era di proprietà dei Voisins nel 1411 e dei Sesmon nel 1141. Eh sì, perché Mazières, nel primo articolo, scrive che il documento è datato 1141, e, nel secondo, che risale al 1411. Una distrazione? Veramente, le distrazioni, in questa intricata storia, sono curiose. Ma si sa, una distrazione, come una coincidenza, non prova nulla. Ci sembra assolutamente fantastico, del resto, che l'unico documento che sarebbe in grado di provare l'esistenza di beni Templari a Rennes e al Bézu sia scomparso, e che don Mazières lo avesse letto poco prima della sparizione. In altre parole, ci si dovrebbe basare solo sulla buona fede di Mazières, su una testimonianza aneddotica che trova conferma in un solo documento, per di più volatilizzato... Questo ci sembra troppo; e troppo poco.
Una domanda ci assilla: chi era questo fantomatico Udaut d'Aniort? Si trattava del figlio del signore di Brenac e di un cugino di Filippo il Bello. La leggenda ci fornisce due finali diversi della stessa drammatica storia: il figlio di Filippo III voleva che Udaut divenisse il suo paggio personale (cioè un giovane uomo avviato, grazie all'amicizia di un potente, agli alti gradi della cavalleria), ma il giovane rifiutò perché aveva fatto voto di entrar nelle milizie del Tempio. Quando i Templari vennero arrestati, il re Filippo IV trovò nelle liste dei condannati a morte il nome del suo vecchio cugino ed amico Udaut, e a questo punto abbiamo due finali nettamente diversi:
• Il re volle graziare il vecchio amico templare, il quale tuttavia preferì bruciare sul rogo;
• Udaut d'Aniort fuggì segretamente dalle prigioni del re grazie all'aiuto del sovrano, rifugiandosi e morendo al Bézu.
Questa tradizione non sembra attendibile, giacché nessun documento sembra comprovare l'arresto o l'esecuzione di un tale chiamato Udaut d'Aniort. Del resto, il documento sparito che il reverendo dice di aver avuto fra le mani non sembra comprovare neanche che le Bézu fosse stato un insediamento templare, ma solo che alcuni signori del luogo erano entrati nella milizia del Tempio di Salomone. In definitiva, le teorie di don Mazières concernenti i presunti insediamenti Templari di Bézu e le "tradizioni" riguardanti il "povero fratello" Udaut d'Aniort sono - è proprio il caso di dirlo - libere trasposizioni di leggende che traggono origine solo fatti storici notevolmente deformati ed alterati.(25)
Don Mazières concluse il suo studio in questi termini:
...e se io, un giorno, dovessi scrivere un libro, racconterei la tragica avventura di Udaut d'Aniort, principe in Aragona, templare e… cugino di Filippo il Bello, e non oserei aggiungere certo tentativo di ricostruzione storica, ma, in tutta onestà, preferendo peccar per eccesso che per difetto (cosa che non è consigliata in teologia morale!), metterei in grassetto: romanzo storico.
Forse, il sacerdote avrebbe dovuto aggiungere a grandi caratteri il titolo "romanzo storico" anche ai suoi articoli, che mischiano tradizioni, documenti, fatti storici e leggende in un vero e proprio romanzo, il più delle volte contraddittorio. E che dire, invece, delle storie sui Templari fantasma, ispirate senza alcun dubbio a quelle che circolavano a Gavarnie, sull'altopiano di Saint-Saveur, che meglio figurerebbero in un ampolloso romanzo gotico?
I sostenitori della presenza templare al Bézu non demordono comunque di fronte alla manifesta vacuità delle affabulazioni di Mazières, e sostengono che solo i Templari avrebbero potuto incidere la croce patente che si può vedere ancora oggi nelle mura storpiate del castello. Mazières sosteneva che si poteva trovare
al Roc du Bézu, nelle rovine al di sopra dell'entrata del castello figura, a tre quarti segnata dal tempo, la croce patente del Tempio; ma questa indicazione non ha che un valore molto relativo.
Chiunque faccia al giorno d'oggi un'escursione al Bézu, non può fare a meno di notare una croce scolpita su un grosso blocco di pietra marrone delle mura, del tutto simile alle altre croci presenti nei dintorni di Rennes-les-Bains e persino nel monastero di Carol. Evidentemente queste croci incise sono dei falsi, realizzate con ogni probabilità durante i primi sopralluoghi di Pierre Plantard.
Uno dei primi saggisti che si sono accostati al mistero di Rennes-le-Château, Jean-Pierre Monteils, segnalò per primo che nella pieve della chiesa di Saint-Just et le Bézu (dedicata a Sant'Eugenio) si poteva vedere una statua di San Giovanni Battista con un dito ripiegato e rivolto verso le spalle della figura.(26) È un'anomalia solo presunta: diverse rappresentazioni, assai comuni, presentano un Giovanni Battista dal dito "ritorto"(27). Oggi la statua (consunta dal tempo) si trova ancora nella chiesa, ma sembra essere stata spostata.
Negli anni Ottanta del XX secolo il mito del tesoro dei Templari era così in voga nella regione che alcuni individui scavarono clandestinamente nella chiesa alla ricerca di una cripta, a dispetto dal fatto che soltanto il fu don Mazières riportò una "tradizione" - ahinoi, molto sospetta - circa la presenza di un tesoro nei dintorni di Albedun e di Campanha. Addirittura, alcuni intrepidi ricercatori si spinsero a dichiarare pubblicamente che il castello o, comunque le rovine di Albedun, celavano l'ingresso di cantine, vasti sotterranei e chissà cos'altro, quando, all'inizio del Novecento, il castello venne visitato da ben due escursioni dei membri della Société des études scientifiques de l'Aude. La prima escursione, del 22 aprile 1906, di L. Gavoy non segnalò il benché minimo sotterraneo, e la stessa cosa vale per quella, effettuata il 10 settembre 1926, dallo stesso Presidente della Société d'Etudes Scientifiques, il famoso dottor Paul Courrent(28). Stranamente, dal 1956, dove non c'era nulla, ci deve essere tutto. Si vede tutto, senza vedere nulla.
Ma l'assenza totale di una cripta del castello non ha certo tolto elementi alla fantasia dei cercatori di tesori; costoro, nel luglio del 1984, scavarono il pavimento della sacrestia della chiesa del Bézu sino alla profondità d'un metro e mezzo e, cosa ancor più grave, non era nemmeno la prima volta che succedeva una cosa simile. Evidentemente, se al castello non c'era niente, nella chiesa ci doveva pur essere qualcosa! Il Consiglio Municipale, messo in agitazione dalle profanazioni clandestine, ebbe la buona idea di far sterrare la scalinata che avrebbe portato alla cripta della chiesa. La cosa, anziché calmare gli animi, ha fatto sorgere le più ardite ipotesi circa enigmatiche pietre tombali e misteriosi documenti contenenti chissà quali genealogie dinastiche(29). Il 16 aprile 1985 uscì un articolo di André Galaup, intitolato succintamente "La cripta della chiesa di Bézu rivelerà il segreto dei Templari?". Inutile dire che la risposta all'interrogativo è sulla punta della lingua di ogni ricercatore che abbia avuto la buona volontà di sfogliare qualche archivio, e non immaginarsi delle genealogie chimeriche.
Conclusioni
Si può concludere molto brevemente affermando che, sino a prova contraria, non vi sono mai state commende Templari al Bèzu, né a Rennes, né a Blanchefort, né a Lavaldieu. Con buon pace di Mazières, Bernard Sermon ha donato la sua anima e il suo corpo, compreso un sostanzioso obolo di 1.000 soldi, senza neppure confidare una fetta del territorio della sua signoria ai Templari. Al contrario: furono i Templari a riscattare una proprietà ipotecata a Campanha in favore del detto Sermon per ben 3.000 soldi! Nel 1242, i Templari e i signori di Albedun entrarono in forte contrasto, il che prova in modo incontrovertibile che a quell'epoca non v'era l'ombra di un Templare al castrum de Albedun. Infine, e per concludere definitivamente, nessun documento di archivi conosciuti - e tutt'altro che "scomparsi" - prova, anche soltanto in modo indiziario, che i Templari s'insediarono ad Albedun, o nei dintorni, o che vi avessero una qualsiasi proprietà immobiliare. Fra l'altro, la commenda templare più vicina, quella di Campanha, era situata a una decina di chilometri di distanza dal castrum. La stessa conclusione si può elaborare tranquillamente per Rennes, Blanchefort e Lavaldieu.
Una riflessione ben più ampia, invece, deve essere dedicata al cosiddetto "stupidario templare". La presenza templare porta sempre, nella mente dei moderni esegeti, ad una illegittima ed ingiustificata distorsione dei fatti, che conduce ad un loro successivo inserimento nell'intreccio romanzato della leggenda aurifera. La presenza fisica di un fratello del Tempio in un luogo, o persino quella di una presunta "tradizione", diventa spesso sinonimo d'enigma o di mistero, o persino della presenza di un tesoro. A Rennes e al Bézu vi sono stati soltanto tre signori che si fecero Templari, e nessuna commenda, a parte quella di Campagne, è mai sorta sul territorio prossimo a Rennes-le-Château. Bisogna farsene una ragione: un insediamento templare non è diverso da un insediamento di altri monaci appartenenti a diversi Ordini Religiosi, come i Cavalieri Teutonici e gli Ospitalieri. Anche la pretesa secondo la quale i Templari dettero asilo ai "buonuomini" catari ci appare alquanto sospetta, e ci fa credere che si possa essere di fronte all'ennesima tradizione mistificatrice, poiché furono gli Ospitalieri, per via di legami molto forti con le famiglie della zona, a dare il loro sostegno indiretto alla resistenza contro i crociati. Del resto, l'amalgama confusionario fra Ospitalieri e Templari e fra Monaci Guerrieri e Ordini Religiosi d'altro genere è cosa piuttosto comune nell'immaginario collettivo(30). Quindi, se mai v'è stata una presenza catara nell'Ordine del Tempio, questa si spiega semplicemente con il dato di fatto che il Tempio trovava nuovi aderenti in primo luogo fra la piccole e media nobiltà. Nel Midi, e soprattutto nella regione di Albi, le probabilità che un signorotto locale o un nobile fosse cataro o aderisse al catarismo era molto alta. Ma resta sempre da sottolineare che i Templari sostennero i signori del Nord durante la crociata Albigese e, cosa più importante, se l'Ordine venne corrotto dalla presenza catara, niente autorizza a ritenere che i Templari furono gli unici a reclutare nelle loro file degli eretici. Insomma: attribuire una certa esclusività ai Templari nel fenomeno di reclutamento di eretici ci sembra non solo antistorico, ma dettato più che altro da futili sofismi e paralogismi (ad altri scegliere fra le due possibilità…).
È invero stupefacente vedere come degli eruditi locali, come don Mazières, membro residente della Société des Arts e des Sciences de Carcassonne per ventinove anni e presidente della stessa per dodici mesi, potesse lasciarsi trasportare dal turbinio incoerente della "tradizione templare" da lui citata a più riprese. L'esempio più alto di "tradizione templare" è rappresentato dalla piccola stazione termale di Gréoux-les-Bains, ove è ancora viva la fiera tradizione popolare che vede nel suo castello la comoda dimora dei Fratelli del Tempio e nelle sue piscine il luogo ove i Poveri Fratelli andavano a trastullarsi, cullati dolcemente dalle calde e benefiche acque termali. Anche a Gréoux-les-Bains una via è dedicata ai Templari, così come un lussuoso albergo termale. Purtroppo per gli abitanti di Gréoux-les-Bains, il castello è del Trecento e non esiste la benché minima prova che i Fratelli dalla croce patente abbiano messo piede nelle loro tanto amate vasche termali. Ma, come sappiamo bene, la tradizione popolare e templare è ben radicata, e nemmeno i documenti possono far desistere i nostri cari esegeti. I quali, purtroppo per loro, continueranno a vedere ancora, ma solo nella loro fervida fantasia, i Templari di Gréoux sguazzare gioiosamente nelle piscine termali e quelli del Bézu volteggiare tutt'altro che allegramente a mezzanotte, mentre un campana gettata in un pozzo suona a morto.
Ma torniamo a cose (ben poco) serie, dove sembra che la Blanquette di Limoux abbia sortito ancora i suoi benefici effetti. La "tradizione templare" di Bèzu narrata da don Mazières avrebbe potuto essere ignorata dai mitografi del Priorato di Sion? Basta sfogliare gli stessi articoli di don Mazières, riferiti anche ad alcune fantomatiche ricerche aurifere dell'ingegner Ernest Cros, per rendersi conto che la "tradizione templare", o lo "stupidario templare", e il Priorato di Sion sono intrinsecamente legati. Infatti, le leggende o le supposte "tradizioni" concernenti le milizie del Tempio a Blanchefort e al Bézu, narrate da Maurice-René Mazières, non potevano non attirare i mistificatori come le api sul miele. Ne I discendenti merovingi o l'enigma del Razes visigoto di Madeleine Blancassal è riportato uno dei primi riferimenti diretti circa un rapporto fra i Templari e Rennes-le-Château:
Rennes e Gisors sono legati da un solo nome: Blanchefort, già Blancafort o Blanquefort. L'affare di Rennes nasce quindi con l'ultima marchesa di Blanchefort e con la presenza dei Templari...
Ma è Il favoloso tesoro del Razès di Louis Chyren la prova tangibile dell'immenso lavoro di estrapolazione intrapreso da Plantard per creare il suo mito. In questo testo, difatti, si possono notare senza problemi i testi consultati dal Gran Maestro del Priorato di Sion, fra i quali ci sembra evidente come spicchino gli articoli di don Mazières:
Certi ritengono che sia il tesoro di Maiorca trasportato dai Templari che fuggono dal Roussillon alla fine del Tredicesimo secolo... E di fronte alla nostra persistente agitazione, il vecchio rimembrerà queste frasi ancestrali: "I conti di Rhedae, in qualità di ultimi discendenti della monarchia visigota da parte femminile e di quella merovingia da parte maschile, lasciando i Pirenei per la Bretagna, consegnarono il loro incarico a due famiglie, gli Aniort e i Blanchefort che, nel 1147, lo trasferirono ad un collegio di Catari insieme ai Templari del Bézu. La tradizione detta della 'Regina Bianca' compare nel 1244, all'epoca di una trattativa fra Bianca di Castiglia e i Catari di Montségur. Sebbene fosse perfettamente a conoscenza del tesoro, Bianca di Castiglia non poté mai di accedervi. San Luigi ereditò almeno parzialmente le conoscenze di sua madre e le trasferì a Filippo l'Ardito, il quale morì prima di averle potute trasmettere a Filippo il Bello. I Templari sembravano essere i soli Draghi rimasti a guardia del tesoro e Filippo il Bello esercitò su di essi la pressione che conosciamo bene, ma fu un colpo a vuoto, tanto che il Gran Maestro Jacques de Molay non ne sapeva molto più dei suoi carnefici. Soltanto la commanderie templare del Bézu celava delle informazioni, ma si disperse nel 1316, quattro anni dopo lo scioglimento del Tempio. [...] la conoscenza del tesoro era ripartita tra membri che non avevano più alcun desiderio di rimanere associati".
Ovviamente, Plantard non può esimersi dal legare la presenza templare ad un tesoro chimerico, cosa che aveva già sperimentato con successo in compagnia di de Sède a Gisors, usufruendo delle anticipazioni del fu don Mazières. Plantard forniva così la citazione della quartina 27 della prima centuria di Nostradamus in ben due opuscoletti apocrifi: Nel paese della regina bianca di Nicolas Beaucéan e Il Circolo di Ulisse di Jean Delaude. Perché? Per rispondere dobbiamo leggere la quartina:
Sotto la catena Guien dal cielo colpito,
non lontano da là è nascosto il tesoro,
che per lunghi secoli è stato accumulato,
trovato morirà: l'occhio bucato del soccorso.
Guien è la regione francese della Guienna, fra la Guascogna e l'Aquitania. Ma Plantard trasferì nella sua mente il Guien dalla suddetta regione al Razès, e precisamente al Bézu e a Blanchefort, portando Gérard de Sède a scrivere che Saunière, in seguito a chissà quale simbolico incidente alla ricerca dell'immancabile tesoro, perse un occhio quando era ormai sulla cinquantina, il quale venne prontamente sostituito da un occhio di vetro!(31) La fantasia non ha limiti, e l'intreccio del romanzo di Rennes-le-Château porta molto spesso a travalicarli.
Don Maurice-René Mazières, dopo aver concesso un'intervista a de Sède in cui dichiarava che l'affaire di Rennes-le-Château costituiva anche "un certo pericolo" ("D'ordine letterario e non certo d'ordine fisico" sostenne René Descadeillas per cercare di difendere il sacerdote dall'estrapolazione feroce), si ritirò nella casa di riposo Béthanie di Carcassonne, in compagnia dell'amico don de Monts, dove si spense l'8 aprile 1988.
Descadeillas ironizzò sul pericolo di Mazières, scrivendo:
L'esperienza ha dimostrato che non si sbagliava affatto. Il signor de Sède può essere rassicurato, e a buon diritto, poiché, da ben sei anni, niente di brutto, che io sappia, gli è capitato.
Del resto, il metodo ben ottenere una buona intervista è noto, o, per meglio dire, il sistema è conosciuto: si interroga qualcuno, si pone una domanda che richiede una risposta di una certa ampiezza, si notano correttamente tre o quattro frasi, ma si fabbrica la quinta. Così, si fa dire all'intervistato ciò che si vuole fargli dire.
Quando alcuni studiosi si recavano dal sacerdote per chiedergli informazioni sulla storia - oh, quanto abilmente costruita - dei Templari risedenti al Bézu, l'anziano rispondeva che si trattava di Templari del Rossiglione, giunti al Bézu segretamente, e scampati, in quanto stranieri, agli agenti di Filippo il Bello. Che motivo avrebbero avuto questi Templari per nascondersi all'infinito e in segreto in cima ad un monte? Ad essere sinceri, nemmeno questa nuova teoria del sacerdote ci sembra convincente, e sembra essere soltanto l'ennesima congettura, sorta in seguito all'analisi di documenti apocrifi (come le ricerche di Cros) e di una "tradizione templare". Del resto, questa stessa storia sembra essere stata abilmente costruita: difficilmente un supposto soggiorno segreto lascerebbe delle tracce negli archivi, e la provenienza straniera dei Templari eluderebbe sapientemente qualunque ricerca presso gli immensi archivi delle vere commende di Mas Déu, di Carcassonne e di Douzens.
L'unica congettura che potrebbe in qualche modo riabilitare - pur in minima parte - le teorie di don Mazières potrebbe essere quella che vede alcuni monaci anziani trasferirsi al Bézu, dopo la soppressione dell'Ordine, per terminare la loro vita in una sorta di eremitaggio, fatto distorto successivamente dalla superstizione e dall'ignoranza popolare. Ma rimane inaccettabile che la semplice allusione a dei fantomatici archivi scomparsi, a dei documenti visionati di sfuggita di cui non si conosce neppure una riproduzione e alla tanto comoda tradizione orale, che qualunque "turista bizzarro" ben determinato potrebbe alterare facilmente e che affascina così tanto i cercatori di tesori, possano in qualche modo controbattere documenti storici autentici e soprattutto ancora consultabili. Nella sua opera Les Templiers en Roussillon, Fernand Arnaudiès precisa che, su esplicita richiesta di Pierre de Voisins, un distaccamento di Templari del Rossiglione raggiunse Le Bézu nel 1285, dove si installò costruendo un punto di osservazione. Nessuna prova è mai stata presentata a riguardo, e tale affermazione sembra ricalcare, distintamente, quella di don Mazières.
Ammettiamo, comunque, che un giorno o l'altro vengano trovate le prove che un distaccamento templare qualsiasi si fosse installato in quel di Rennes-le-Château. Questo cosa proverebbe? Nulla di significativo. Proverebbe soltanto che i Templari si insediarono a Rennes. Lo storico si accontenterebbe di questo, traendo conclusioni riguardanti, ad esempio, la presenza templare nella regione dell'Aude. Il rennologista, al contrario, non si appagherebbe mai, non metterebbe mai in dubbio la sua perenne ricerca. Certo, la notizia esaudirebbe un desiderio di prove documentali che ne assilla i pensieri, ma la presenza reale di un distaccamento finirebbe per non bastargli: egli ipotizzerebbe che i Templari avessero nascosto un tesoro a Rennes, egli utilizzerebbe questa nuova prova per dimostrare che la sua ipotesi, per quando indimostrabile, sia verosimile. E dalla verosimiglianza, nel caso di Rennes-le-Château, si passa immediatamente a definire il vero.
In presenza di una tale rivelazione, forse l'incredulo avrebbe ancora il gioco facile nello smontare le nuove pretese degli esegeti - che tanto nuove non sono, poiché si davano forma anche quando la presenza templare non era stata provata! -: egli rammenterebbe, per esempio, il divario insanabile fra un dato e l'altro (se i Templari si sono stabiliti a X, nulla prova che a X abbiano nascosto un tesoro), richiamando all'attenzione il fatto che l'esistenza di un tesoro è attualmente e soltanto il frutto di un cliché, privo di alcun riscontro documentale, che vedrebbe la figura del Templare indistinta da quella del Graal, dell'Arca dell'Alleanza, della Memorah, della Torah e di chissà quali altri tesori...
Purtroppo, come capita in altre discipline "di confine", nel caso di Rennes-le-Château l'onere della prova sembra non spettare ai sostenitori di un teorema, ma ai suoi detrattori. Vale l'abitudine di pensare che non sia chi afferma che il tesoro dei Templari sia nascosto a Rennes-le-Château a dover provare le sue affermazioni, ma paradossalmente è al critico che spetterebbe l'onere della (dis)prova. In realtà sarebbe sufficiente mostrare l'inconsistenza di un ragionamento che ha la pretesa di dimostrare un'ipotesi con un'altra ipotesi.
Nel caso specifico, e in definitiva, l'onere della prova spetta a chi sostiene l'effettiva esistenza di un insediamento templare nelle zone interessate; e ci auguriamo che questa prova possa essere equipollente alle testimonianze documentarie conservate, oggi, negli archivi del tempio di Douzens e di Mas Déu.
_________________
(1) Si veda, a riguardo, l'eccelente opera di George Kiess, Y'a t'il vraiment eu des Templiers à Rennes-le-Château?, Centre d'Etudes et de Recherches Templières, Espéraza, 2004, Collection Patrimoine d'Occitanie, p. 30. Si vedano anche i seguenti articoli tratti da Les Cahiers de Rennes-le-Château, Cazilhac: Bélisane, vol. 1, n. 2, pp. 3/5; vol. 1, n. 2, pp. 9/11; vol. 2, n. 7, pp. 30/35; vol. 2, n. 8, pp. 3/8; vol. 3, n. 9, pp. 30/35; vol. 3, n. 10, pp. 7/9, 13/17 e 17/21.
(2) Secondo il saggista P.Jarnac, i templari avrebbero intrapreso, su commissione di Pierre de Voisins, signore di Redda, dei lavori di ampliamento nella chiesa di Santa Maria Maddalena. In verità, oltre a non esservi la benché minima prova di questo fatto, occorre notare che la "chiesa" di Santa Maria Maddalena era in realtà una cappella del castello e che la chiesa d'allora, cioè l'edificio di culto aperto alla popolazione, era quella di Beate Marie de Redis, citata alcune volte in relazione a donazioni elargite agli Ospitalieri. In definitiva, sembra che sia stata fatta notevole confusione fra templari e Ospitalieri.
(3) Bruno de Monts, Il y a bien eu in comitatu Redensis des Templiers, in Cahiers de Rennes-le-Château, vol. 3, n. X, p. 14 e s.
(4) Sophia Menacle, Clement V, Cambridge University Press, 2003, p. 6.
(5) B. de Monts, op. cit., p. 20.
(6) Douet d'Arcq, Collection des sceaux, Paris: Plon, 1863, tomo I, p. 486.
(7) B. de Monts, op. cit., p. 15.
(8) G. Kiess, op. cit., pp. 16/17.
(9) B. de Monts, op. cit., p. 16.
(10) B. de Monts, op. cit., p. 20.
(11) Traduzione di Eugène-Martin Chabot, Paris, Champion, 1931, liasse 58, vero 1313 e s. Si veda, per una storia completa e documentata della signoria dei Sesmon, l'articolo di referenza di Blandine Sire Albedun et son Histoire comparso nel Bulletin de la Société d'Études Scientifiques de l'Aude, tomo XCVII, 1997, p. 73 e s.
(12) Ediz. F. Guizot, 1823, p. 8.
(13) Petites notes sur d'anciens noms locaux nel Bulletin de la Commission archéologique de Narbonne, tomo XVI, 1916-1918, p. 284 e s.
(14) J. Lemoine, Dictionnaire toponymique des communes de l'Aude nel Bollettino S.E.S.A. del 1974, tomo LXXIV, p. 276.
(15) B. de Monts, op. cit., p. 14.
(16) Le donazioni si anno negli anni 1160, 1176, 1180, 1194 e 1198. Archivi Dipartimentali dell'Aude, H.211, f.°113, 62, 113, 113 e 117.
(17) Si vedano, per quanto riguarda questo processo, G. Kiess, op. cit., pp. 42/46; e B. Sire, Albedun et son Histoire, pp. 81/82.
(18) B.N. collezione Doat, tomo XXII, f° 220 v.
(19) Non è la prima volta che gli autori di cartine geografiche danno libero sfogo alla loro fantasia. Nelle Cartoguides Shell, e in particolare in quella numero 13 relativa alla Linguadoca, Lavaldieu veniva identificata succintamente come "la sede presunta della tomba di Rolando di Roncisvalle". Tutti i ricercatori di Rennes si misero sull'attenti: com'era possibile che un simile tesoro - l'ennesimo - fosse loro sfuggito! Iniziarono le indagini presso la Shell, e si venne a scoprire che non v'era la benché minima prova di una simile asserzione, tanto più che la risposta del Municipio di Rennes e della Shell fu che si trattava di una tradizione locale - l'ennesima - trasmessa di padre in figlio! (M. Rambiel, A propos de Lavaldieu, Cahiers de Rennes, n. 2, t. I, p. 3).
(20) AA. VV., Pégase, n. 2, p. 17.
(21) Bruno de Monts, Rennes-le-Château et Rennes-les-Bains, Carcassonne, 1984, pp.17-29.
(22) R. Descadeillas, op. cit., 1989, p. 104, nota 7. Le insinuazioni di don Mazières trassero in "inganno" anche uno storico attento e meticoloso come Descadeillas, che, nel suo libro Rennes et ses derniers seigneurs, scrisse: "...i templari di Mas Deu, in Catalogna, quando erano venuti in Francia, nel Tredicesimo secolo, avevano fondato, sotto la fortificazione, una residenza di cui non restano che rare vestigia. La fattoria de Tipliès è stata costruita nello stesso luogo ove si trovava la residenza"(R. Descadeillas, op. cit., E. Privat, 1964, p. 28).
(23) 4ème série, tomo 3, 1957-1959, pp. 229/254; e tomo 5, 1963-1967, pp. 159/168. Questi articoli sono stati oggetto di una riedizione da parte di Philippe Schrauben nel 1984, col titolo Les Templiers du Bézu, e di Pégase nel 2005, col titolo Mystères et secrets des Templiers du Bézu; nondimeno abbiamo preferito rifarci agli articoli originali.
(24) P. Jarnac, Histoire du trésor de Rennes-le-Château, Bélisane: Cazilhac, 1998, pp. 312.
(25) Si veda anche il libro del docente e specialista in ordini monastici e cavallereschi delle Crociate Alain Demurger, Vita e morte dell'Ordine dei Templari, Milano: Il Giornale, "Biblioteca Storica", 2005, p. 11.
(26) J.-P. Monteils, Nouveaux trésors à Rennes-le-Château ou le retour d'Ulysse, Vestric (Gard): Octogone, collection "Le douzième arcane", 1974, pp.198-199.
(27) Il dito rivolto verso l'alto e in piena luce indica la croce sulla quale Cristo verrà sacrificato. Il dito lievemente incurvato all'interno della mano si trova in un dipinto di Giovanni Bellini (1426-1516), rappresentante Giovanni Battista, Maria e il Bambin Gesù, ancora in una scultura di Desiderio di Settignano, conservata a Bargello (Firenze), in un'altra scultura della splendida facciata della cattedrale barocca di Siracusa, dedicata a San Giovanni Battista, e infine in numerosissime icone sacre ortodosse. Del resto, ci sembra oltremodo futile, per non dire ridicolo, fare distinzioni sul… grado di distorsione di un dito!
(28) P. Courrent, Le Château du Bézu, bollettino S.E.S.A., tomo XXXVIII, 1934, pp. 261/267; ed Excursion du 16 avril 1906 à Sainte Juste et le Bézu di L. Gavoy.
(29) P. Ferté, Arsène Lupin, supérieur inconnu, La clé de l'œuvre codée de Maurice Leblanc, Paris: Guy Trédaniel, 2004, p. 385
(30) Si veda l'analisi di Raymond Reznikov Le Templiers du Bézu, in Les Cahiers de Rennes-le-Château, n. 9, vol. 3, p. 30 e s. Dello stesso autore segnaliamo anche il libro intitolato Cathares et Templiers, Portet-sur-Garonne: Loubatières, 1996.
(31) G. de Sède, Signé: Rose+Croix del 1977, p. 22, e Rennes-le-Château. Le dossier, les impostures, les phantasmes, les hypothèses del 1988, p. 20. L'aneddoto, stranemente, non compare ne Le trésor maudit de Rennes-le-Château, a p. 13.
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