Il romanzo che anticipò di due anni Il Santo Graal
Lunedì 25 ottobre 2010 by Mariano Tomatis
Pierre Plantard, protagonista principale delle vicende che riguardano la (ri)nascita del Priorato di Sion nel XX secolo, intendeva proporsi come legittimo discendente della stirpe merovingia, ma non risulta che intendesse affermare un'origine della sua famiglia da Gesù Cristo: l'evoluzione in chiave "cristiana" delle sue mire dinastiche è dovuta alla penna di Michael Baigent, Richard Leigh ed Henry Lincoln, che nel 1982 - citando l'esoterista francese - proposero un collegamento tra la stirpe di re Davide e i Merovingi, collocando così Plantard direttamente sull'ultima foglia di un albero genealogico che passava attraverso Gesù Cristo e Maria Maddalena.
In realtà i tre autori non furono i primi a proporre l'ipotesi nel loro libro Holy Blood Holy Grail del 1982: due anni prima l'astrologa americana Liz Greene (nata nel 1946) ne aveva parlato nel suo romanzo The Dreamer of the Vine - The novel of Nostradamus.
La Greene era tutt'altro che una fonte indipendente: sorella di Richard Leigh e all'epoca fidanzata di Michael Baigent, aveva avuto modo di conoscere con largo anticipo i temi che i tre autori avrebbero sviluppato nel loro saggio, e aveva potuto così costruire una trama che - coinvolgendo molti dei luoghi e dei personaggi di Holy Blood Holy Grail - rivelava in anticipo quello che sulla copertina veniva annunciato come "il più sconvolgente segreto degli ultimi duemila anni":
A sinistra: particolare dalla copertina del romanzo di Liz Greene The Dreamer of the Vine (1980). A destra: particolare della quarta di copertina di Holy Blood Holy Grail (1982, tratto dalla copertina dell’edizione 1996). E’ molto curiosa la scelta delle stesse parole (THE MOST SHATTERING SECRET OF THE LAST TWO THOUSAND YEARS) per annunciare “il più sconvolgente segreto degli ultimi duemila anni”.
La notizia ha una certa rilevanza, perché nel 1979 Henry Lincoln aveva realizzato un documentario per la BBC - The Shadow of the Templars - durante il quale Pierre Plantard veniva intervistato a proposito dell'enigma di Rennes-le-Château senza che l'ipotesi cristica venisse citata in alcun modo. Bisogna pensare che i tre autori avessero stabilito il collegamento di Plantard con Gesù Cristo tra il 1979 e il 1980, e in quel breve tempo la Greene era stata in grado di raccontarlo sulle pagine del suo romanzo, due anni prima che la stessa notizia venisse opportunamente supportata storicamente in Holy Blood Holy Grail? Secondo Simon Cox, avvenne piuttosto l'opposto: considerando vincente l'idea della Greene, i tre autori lavorarono due anni per cercare qualunque cosa la supportasse storicamente(1), giungendo infine alla pubblicazione del loro best seller.
La lettura di alcune pagine del romanzo di Liz Greene rivela una conoscenza abbastanza dettagliata delle vicende che solo nel 1982 diventeranno note al grande pubblico, quando verranno inserite nel saggio dei tre autori. L'Io narrante è Nostradamus, che attraverso diversi viaggi per l'Europa scopre l'esistenza di una stirpe segreta il cui albero genealogico viene descritto come il tralcio di una vite (the Vine) molto contorta. Il titolo, tra l'altro, si presenta come l'ennesimo gioco di parole che per omofonia trasforma il San Greal nel Sang Real: The Dreamer of the Vine suona, infatti, come The Dreamer of Divine, "colui che sogna il Divino"; la parola (o le parole) Divine/The Vine fanno riferimento a Gesù Cristo, all'evangelico tralcio di cui al Vangelo di Giovanni 15:5 ("Io sono la vite voi i tralci") e alla stirpe, contorto albero genealogico che all'epoca di Nostradamus coinvolge diverse famiglie della nobiltà europea.
Nei primi capitoli Nostradamus è ancora uno studente, ed è solito trovarsi con gli amici presso la locanda Le Joies du Paradis. Qui incontra un certo signor Plantard ("o almeno, così si faceva chiamare: non mi disse mai il suo vero nome"). Plantard era "un menestrello di Carcassonne" che "conosceva tutte le antiche canzoni dei trovatori".(2)
Il dialogo che intercorre tra Nostradamus e Plantard è rivelatore: "Da dove venite?" gli chiesi. "Sono stato a Carcassonne, dove ho cantato per il Vescovo" disse evasivo, evitando accuratamente di rispondermi e facendomi un sorriso malinconico. "Sono stato anche in Arcadia"(3)
L'ultima affermazione richiama il motto che il vero Pierre Plantard affermava trovarsi sul blasone della sua famiglia: ET IN ARCADIA EGO...
Continua Plantard: ""Mi chiamo Plantard. Ho scelto questo nome perché l'amore cresce così come cresce una vite. Tutto comincia con un seme, da cui si sviluppa la pianta (plant) matura. Ma dev'essere nutrita e protetta. E a volte bisogna innestarla su una pianta più forte, in modo che quando l'uva viene raccolta e il vino bevuto, vi si può scorgere e percepire direttamente l'anima del seme, che è l'anima di Dio". Ascoltavo queste parole con perplessità. Ma mi dicevo che, trattandosi di un menestrello, doveva trattarsi certamente di metafore".(4) Ma Nostradamus intuisce la vera natura di Plantard, e una notte lo sogna "vestito di damasco nero, con un cappuccio nero tempestato di perle sulla sua testa scura e un mantello nero di stoffa preziosa appoggiato sulle sue spalle. Nella mano destra indossava un grande anello d'oro con un rubino che sembrava una goccia di sangue. Con abiti così sontuosi, non era più un umile menestrello, ma si era trasformato in un nobile signore".(5)
Il profeta francese diventa poi famoso per i suoi unguenti miracolosi, e la sua fama giunge alle orecchie di Monsignor de Foix, vescovo di Carcassonne, che lo convoca in città. Qui viene invitato a seguire il sacerdote in una visita a Rennes-les-Bains, dove il 13 ottobre - giorno dell'anniversario dello sterminio dei Templari - presso i resti della precettoria templare del Bezu è annunciata l'apparizione dei fantasmi di alcuni Cavalieri che piangono la distruzione del Tempio di Gerusalemme. Nostradamus si reca, così, in visita nella città termale e vi avverte inquietanti presenze - magistralmente descritte dalla Greene.(6) Monsignor de Foix spiega al profeta che la precettoria di Bezu venne risparmiata dalle armate del re perché "conteneva un tale segreto che neanche il Papa osò violare".(7) Terrorizzato, Nostradamus ammette: "Questi luoghi mi mettono a disagio. Sono intrisi di stranezze; si sentono sussurri di morte. Da queste parti c'è qualche segreto nascosto".(8)
Più tardi fa la sua apparizione il Graal; un monaco spiega a Nostradamus:
"Ci sono molte sacre reliquie a Mantova. C'è un'ampolla che si dice contenga il sacro sangue di Nostro Signore, raccolto da San Longino mentre stillava dal suo corpo appeso alla croce. E il mio signore di Gonzaga ha in suo possesso una coppa di porfido rosso, di grande bellezza e molto antico, che gli fu donato da Antoine, duca di Lorena, che a sua volta l'aveva ereditato da René d'Angiò. […] Vostro nonno non vi ha mai parlato della coppa sacra di re René? […] Si dice che si tratti della coppa in cui Nostro Signore trasformò l'acqua in vino durante le Nozze di Cana. […] So che vostro nonno era al servizio di re René".(9)
Due anni dopo, in Holy Blood Holy Grail si leggerà:
[René d'Angiò] era versato nella tradizione esoterica, e alla sua corte viveva un astrologo, medico e cabalista ebreo, conosciuto come Jean de Saint-Rémy. Secondo numerose fonti, Jean de Saint-Rémy era il nonno di Nostradamus.(10)
Eppure le "numerose fonti" non vengono citate. Si sarebbe potuto scrivere: "Liz Greene lo conferma nel suo testo The Dreamer of the Vine", ma chi avesse scoperto trattarsi di un romanzo avrebbe avanzato qualche sospetto sull'affermazione dei tre autori.
Più avanti, il frate mostra a Nostradamus il "Graal" di René d'Angiò, che rivela sulla sua superficie le parole:
Qui bien beurra
Dieu voira
Qui beurra tout d'une baleine
Voira Dieu et la Madeleine(11)
L'iscrizione verrà ripresa dai tre autori inglesi che in Holy Blood Holy Grail scriveranno a proposito di René d'Angiò: "Sembra che il Graal lo affascinasse in modo particolare. Andava molto fiero, si dice, di una magnifica coppa di porfido rosso che secondo le sue affermazioni era stata usata alle nozze di Cana, e che si era procurato a Marsiglia, dove secondo la tradizione era sbarcata la Maddalena, portando con sé il Graal. Altri cronisti parlano di una coppa di proprietà di Renato - forse la stessa - che portava incisa lungo l'orlo un'iscrizione misteriosa:
Qui bien beurra
Dieu voira
Qui beurra tout d'une baleine
Voira Dieu et la Madeleine
Chi ben berrà
Dio vedrà
Chi berrà tutto d'un fiato
Vedrà la Maddalena e il Re del Creato.(12)
La citazione è funzionale alla rivelazione clou di entrambi i testi, che ruota intorno alle figure congiunte di Cristo e della Maddalena. E' interessante notare che Nostradamus, alla notizia che suo nonno faceva parte della corte di René d'Angiò, cambia apparentemente discorso, chiedendo al monaco: "Fra Bandello, avete mai incontrato un menestrello vagabondo che si fa chiamare Plantard?".(13) Il frate, però, non l'ha mai conosciuto.
Più avanti, durante il suo viaggio in Italia, Nostradamus transita da Torino e si dirige verso le colline di Pavia, dove l'ambiente è così bucolico da fargli ricordare la frase di Plantard, "Sono stato anche in Arcadia".(14)
Di ritorno in Francia dopo il viaggio italiano, Nostradamus si reca a Stenay, luogo dove venne ucciso re Dagoberto II; il parroco del luogo gli fa visitare la chiesa, spiegandogli che sorge sulle rovine di un antico tempio innalzato a Saturno, il Rex Mundi: "L'anima di questo luogo non è quella che un buon cristiano vorrebbe incontrare. Ecco perché la chiesa di San Dagoberto è stata abbandonata. Nessuno ci mette piede. Temono le anime degli antichi Re della stirpe di Meroveo, i sovrani lunghichiomati, i Re Taumaturghi, che si dice camminino ancora in questi luoghi. Hanno ragione a temere i morti, ma i vivi sono ancora più pericolosi".(15)
La rivelazione centrale del romanzo passa attraverso la voce di fra Bandello, che rivela a Nostradamus la discendenza di René d'Angiò da Goffredo di Buglione e, a sua volta, la discendenza di Goffredo da re Dagoberto II: ""Roma aveva giurato fedeltà alla loro stirpe, al sacro sangue che scorreva nelle loro vene. Ma il Vescovo di Roma mandò un assassino ad uccidere Dagoberto con una lancia nell'occhio. Forse, così come accadde a Giuda, l'assassino non sapeva quanto grande e sacrilego fosse il suo delitto. Aveva ucciso il sangraal. Ma il figlio del re fuggì in segreto e si rifugiò in Linguadoca, tra le montagne a sud di Carcassonne, e qui perpetuò la sua dinastia" […] Sangraal, sangue reale, il vassoio con il sangue di Cristo cantato da Chretien de Troyes e Wolfram von Eschenbach all'intera cristianità. Una coppa che non era una coppa. Questo è il mio corpo, questo è il mio sangue. Ora mi era chiaro, ma lo shock era troppo grande".(16)
Il legame di parentela tra i Merovingi e la tribù di Beniamino, vera novità di Holy Blood Holy Grail rispetto allo scenario proposto nei Dossiers Secret di Pierre Plantard, è già presente nei dettagli nel romanzo della Greene: "In alcune pergamene ancora più antiche, scritte in latino, ebraico ed aramaico, la stirpe risaliva, attraverso Meroveo, alle sue radici alle origini della storia - sin alla tribù di Beniamino, il Primo Prescelto che abbandonò Israele quando Giuda acquistò il potere. I Beniamiti, accusati di considerare più importante la figura della Madre rispetto a quella del Padre, migrarono in Arcadia e poi in Gallia, insediandosi nelle foreste vergini e nei campi della Linguadoca e della Provenza".(17)
Citando il "principio del femminino" quale motivo di eresia da parte dei Beniamiti, Liz Greene anticipa di ventitré anni il tema centrale intorno cui si svilupperà Il Codice da Vinci.
Quando Gesù, discendente alla tribù di Giuda, si unisce a Maria Maddalena, della tribù dei Beniamiti, dà il via a quello che Nostradamus chiama "il sangue di Giuda e Beniamino congiunti, il Prescelto tra i Prescelti, l'Erede al Regno, il sangraal, il sangue reale. Dopo mille anni Goffredo di Buglione era semplicemente tornato a casa, a reclamare un'eredità cui aveva diritto".(18)
Proprio come ne Il Codice da Vinci, il protagonista si imbatte alla fine in una discendente della linea del sangraal. Il suo nome non può che essere uno: ""Sono Marie de St.Clair" […] Improvvisamente i vari pezzi si ricompongono nell'unico disegno di una grande vite con i suoi moltissimi tralci: Gisors, Joinville, Chaumont, Courtenay, Gonzaga, Brienne, Montpezat, Charnay, Blanchefort, Guisa, Lorena, St.Clair. Anche questa donna era il sangraal".(19)
"St. Clair" è anche la famiglia il cui cognome per un certo periodo venne utilizzato dal vero Pierre Plantard. Tra i nomi si riconosce anche quello di Gisors, la cittadina presso cui l'esoterista francese aveva effettuato degli scavi, affermando che nei sotterranei del castello si trovavano gli archivi del Priorato di Sion. Liz Greene ambienta una parte del romanzo proprio a Gisors, dove Nostradamus percorre "il labirintico intreccio di tunnel sotterranei e di passaggi fetidi, che conducevano nel cuore della fortezza".(20)
La conclusione del romanzo sembra annunciare il prossimo ritorno di un "re perduto" che "aspetta in silenzio", previsto dai versi del profeta francese: "D'un rond, d'un lys, naîtra un si grand Prince, / Bientôt et tard venu dans sa Province".(21) La stessa citazione chiudeva un documento del Priorato di Sion datato 15 luglio 1977: Le Cercle d'Ulysse, altro gioco di parole omofono a Le Cercle du Lys, già simbolo dei re merovingi citato da Gèrard de Sède nel 1973.(22)
Che il re perduto cui Liz Greene faceva riferimento fosse Pierre Plantard è difficile dubitarlo, tanti sono i riferimenti espliciti alla sua figura nel corso di tutto il romanzo; romanzo che si chiude sul Grande Principe che sorge e riunisce tra le sue mani i fili delle nazioni unite europee (united European nations) per cominciare un nuovo ciclo, una sorta di seconda risurrezione.(23)
Due anni più tardi, insieme ad Henry Lincoln, il fratello e il fidanzato della scrittrice chiuderanno il loro Holy Blood Holy Grail con una simile riflessione: "C'è il desiderio sempre più intenso di trovare un vero leader - non un Führer - ma una figura spirituale, saggia e benigna, un re-sacerdote nel quale l'umanità possa riporre ogni fiducia. […] Come potrebbe essere interpretato l'avvento di un discendente diretto di Gesù? Per un pubblico ricettivo, potrebbe essere una specie di Seconda venuta".(24)
Per chi ha già letto il romanzo di Liz Greene, invece, questo non è che un Secondo annuncio.
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(1) Cit. in http://hertfordstandrews.co.uk/why_davinci.htm
(2) Liz Greene, The Dreamer of the Vine, Great Britain: Bodley Head, 1980. Nel corso di tutto l'articolo verrà citata la traduzione italiana a cura di Mariano Tomatis Antoniono e si farà riferimento alla numerazione delle pagine dell'edizione Corgi, 1982. La prima citazione è tratta dalle pp.34-35. Il rapporto tra il romanzo di Liz Greene e Holy Blood Holy Grail è già stato oggetto di una specifica analisi in Giuseppe Ardito e Mariano Tomatis "Il Priorato di Sion e Nostradamus a Torino?" in Indagini su Rennes-le-Château 15 (2007) pp.739-743.
(3) Greene, op. cit., p.36.
(4) Greene, op. cit., p.37.
(5) Greene, op. cit., p.43.
(6) Il testo del capitolo dedicato al viaggio a Rennes-les-Bains è stato tradotto da Ivan Talloru in Indagini su Rennes-le-Château (2007) pp.772-774 ed è disponibile qui.
(7) Greene, op. cit., p.57.
(8) Greene, op. cit., p.58.
(9) Greene, op. cit., p.76.
(10) Michael Baigent, Richard Leigh, Henry Lincoln, Holy Blood Holy Grail, 1982, cap.VI.
(11) Greene, op. cit., p.114.
(12) Baigent et al., op. cit., cap.VI. Viene fornito un riferimento ad un libro romanzato sulla figura di René d'Angiò di difficile reperimento: Edgcumbe Staley, King René d'Anjou and his Seven Queens, Londra: 1912, p.29.
(13) Greene, op. cit., p.76.
(14) Greene, op. cit., p.98.
(15) Greene, op. cit., p.98.
(16) Greene, op. cit., pp.110.
(17) Greene, op. cit., p.118-119.
(18) Greene, op. cit., p.134.
(19) Greene, op. cit., p.135.
(20) Greene, op. cit., p.150.
(21) Greene, op. cit., p.255.
(22) Gérard de Sède, La race fabuleuse - Extra-Terrestres et Mythologie Mérovingienne, Editions J'ai Lu, 1973, p.112.
(23) Greene, op. cit., p.255.
(24) Baigent et al., op. cit., cap.XV.
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