Rennes-le-Château, un’opera aperta
Giovedì 25 luglio 2013 by Mariano Tomatis
Secondo un vecchio adagio, non ci si deve fidare di due tipi di persone: quelle con i baffi e quelle senza.
Classificare gli esseri umani in due categorie è una tentazione cui è difficile resistere. Richiede un minimo impegno intellettuale e ci evita di fare i conti con le sfumature. Molti narratori sfruttano il meccanismo per catturarci: il più classico colpo di scena coinvolge il Buono della storia, che all’improvviso rivela l’animo del Cattivo (o viceversa).
Quando i piani sono confusi e i personaggi tratteggiati ambivalenti, le storie ci avvinghiano: è più facile identificarci con le tinte intermedie, consapevoli che i primi a non essere inquadrabili con facilità siamo proprio noi. Le macrocategorie sono utili per giudicare qualcosa al primo sguardo, ma non reggono ad analisi più approfondite. Le storie che gravitano intorno al tesoro di Rennes-le-Château consentono interessanti riflessioni sul tema.
Incendiari e pompieri
Gli studiosi che se ne occupano possono essere divisi grossolanamente in incendiari e pompieri. I primi ricostruiscono le vicende occorse nel paesino francese mettendone in luce i risvolti misteriosi: alla fine dell’Ottocento un sacerdote divenne ricchissimo grazie al ritrovamento di “qualcosa” — un tesoro monetario? un’informazione scottante? un segreto inquietante? una chiave alchemica? I secondi smontano ogni favola in modo sistematico, riconducendo tutto a una banale vicenda di simonia. Il campo da gioco su cui si confrontano è lo stesso, ma mentre i primi si concedono molti gradi di libertà, i secondi conducono gli studi seguendo regole severe - che i primi definirebbero "castranti". Sulle due sponde della violenta battaglia in corso sin dagli anni Sessanta, raramente le fazioni trovano punti di accordo. Il più noto tra gli incendiari ancora in attività è l’inglese Henry Lincoln. Sull’altra sponda, il più acerrimo oppositore è il connazionale Paul Smith. Chi ha occhi per vedere, può scorgere ai bordi del campo figure che rifuggono qualsiasi categorizzazione. Uno dei più interessanti è un giovane francese che si chiama Christian Doumergue.
Christian Doumergue e quel pranzo a Rennes-les-Bains
Incontrai Christian “virtualmente” dieci anni fa, attraverso le pagine del suo libro Bérenger Saunière — prêtre libre à Rennes-le-Château (1852-1917).(1) Pubblicato quando aveva solo 24 anni, è una ricostruzione impressionante — per la qualità e la quantità di riferimenti bibliografici — della storia del curato miliardario e delle sue vicende nel paesino dei misteri. Avendo accesso diretto a gran parte dei documenti citati, Christian offriva al lettore una revisione critica che per me fu preziosissima quando intrapresi la stessa strada a beneficio dei lettori italiani (sfociata nella mia guida storico-archeologica su Rennes-le-Château, integralmente disponibile online).
Nel 2008 lavorammo a stretto contatto per realizzare il nuovo museo di Rennes-le-Château e l’attività di team mi consentì di apprezzarne la simpatia e generosità che trascendevano le abilità da studioso e storico. Quando nel 2011 i giornali di tutta Europa annunciarono il ritrovamento della grotta del tesoro, mi recai nella regione francese e fu Christian ad accompagnarmi sul posto, conducendomi sulla soglia di un anfratto che da solo mai avrei potuto trovare (qui il resoconto della nostra escursione).
Durante il pranzo a Rennes-les-Bains che precedette la spedizione, confrontammo i rispettivi punti di vista, e fu l’occasione per raccontargli i due caposaldi delle mie indagini: l’idea che intorno a Rennes-le-Château sia in atto un gioco infinito (nell’accezione di James Carse) e quella secondo cui l’intera mitologia “condensata” intorno al villaggio stia avendo effetti misurabili su chi vi si immerge, pur essendo costituita da informazioni immateriali. L’ultima riflessione emergeva dai miei studi illusionistici: un bravo mago si distingue per la capacità di indurre — attraverso storie e stimoli opportuni — stranianti esperienze magiche, in cui realtà e illusione sfumano l’una nell’altra. Da quando colleziono commenti da parte dei visitatori della chiesa di Rennes-le-Château, ho letto descrizioni di avvenimenti incredibili occorsi in quell’edificio - almeno nella percezione di chi me li ha raccontati.
Il segreto svelato
Christian ha appena pubblicato un monumentale saggio (oltre 600 pagine!) intitolato Le secret dévoilé - Enquête sur les mystères de Rennes-le-Château (“Il segreto svelato - Inchiesta sui misteri di Rennes-le-Château”). La sua lettura mi ha sorpreso per l’ampiezza e la profondità di analisi. Prendendo spunto dalle idee emerse durante la nostra conversazione, Christian le ha portate a maturazione, sostenendole con solide argomentazioni e sistematizzandone la gigantesca portata. Se nel suo vecchio libro aveva ricostruito le vicende del sacerdote del mistero - documentando ciò che era solido nella storia di Rennes-le-Château - in questo libro si spinge oltre. Partendo dall’ampia mitologia che si è consolidata dagli anni Sessanta a oggi — fatta di ipotesi, apocrifi, documenti falsi e personaggi improbabili — Christian si pone la domanda chiave: com’è nata?
Con l’obiettivo di ricostruirne la genesi, l’autore dà vita a un ricco compendio che — in maniera sistematica — individua la miriade di fonti e ispirazioni che hanno dato origine a quello che oggi conosciamo come “mito di Rennes-le-Château”. Mai prima d’ora tale obiettivo era stato posto (e perseguito) con tanta determinazione e rigore.
L’uomo dietro le quinte
Christian identifica nella figura di Pierre Plantard la pietra angolare dell’intero corpus mitologico, e — a partire dalla sua vita — ne illustra in modo meticoloso gli oltre quarant’anni di attività: dai primi contatti con l’astrologa Geneviève Zaepfell (che tanta influenza avrà sul suo immaginario simbolico) fino alla collaborazione con l’autore surrealista Gérard de Sède, attraverso la travagliata definizione di una personale spiritualità che mescolava i pensieri di Paul Le Cour, Alexandre Saint-Yves d’Alveydre e Jean Cocteau.
Il modo in cui Christian conduce l’analisi impedisce di classificarlo facilmente come un pompiere o un incendiario. Quando etichetta come “falsi” tanti dei documenti realizzati ad arte da Plantard, si muove come il più severo dei pompieri. Quando, invece, si mette a ricercare il senso dell’impresa dell’esoterista francese, approda a ipotesi che gli meriterebbero l’appellativo di incendiario. Eppure le ipotesi che avanza sono talmente solide e ragionevoli che le si può ignorare solo a proprio rischio.
Se la maggior parte degli studiosi si è occupato di quattro delle "cinque W" (“quando”, “dove”, “come” e “cosa” accadde a Rennes-le-Château), nel suo libro Christian si spinge a porsi il quinto, fondamentale interrogativo: perché? Perché Pierre Plantard si adoperò tanto per costruire una mitologia tanto complessa e longeva — che gli è sopravvissuta e non mostra segni di invecchiamento?
La creazione di un mito moderno
Per definire l’impresa di Plantard, l’autore rifiuta il termine “mistificazione”. Non perché sia sbagliato in sé, ma perché basta togliere una lettera per coniare un utile neologismo: “mitificazione”. Alcuni capitoli del libro sono esplicitamente intitolati “Come si crea un mito?” e l’analisi di Christian procede seguendo una serie di precise tappe; qui il saggio a carattere storico si confonde con un manuale pratico: analizzando il modo in cui il mito è stato generato e sostenuto, l’autore ne trae istruzioni generali che possono essere messe a frutto in ambiti completamente diversi. Secondo Christian, la creazione di un mito si esplica in quattro fasi:
1. Riscrittura dei fatti
2. Manipolazione dei personaggi come marionette
3. Stimolo del senso di mistero
4. Ampliamento del pubblico
Profondamente influenzato dall’estetica di Lost, l’autore fa spesso riferimento alla serie televisiva per descrivere i personaggi in gioco. Definisce Pierre Plantard “The Man Behind the Curtain”, l’appellativo con cui in Lost si fa riferimento a Jacob, il personaggio che — dietro le quinte — manipola i protagonisti a loro insaputa.
"I numeri" nascosti in piena vista a p. 619: uno dei molti indizi riservati ai fan di Lost.
Seguendone le attività attraverso i numerosi scritti, ne ricostruisce l’evoluzione culturale e spirituale che influenzerà profondamente il mito da lui fondato. In un puzzle messo in ordine per la prima volta in modo rigoroso, entrano nel disegno il Regno di Agarthi, la figura della dea Iside, il mito di Atlantide, la Massoneria e la neonata corrente New Age, emersa a partire dagli scritti di Rudolf Steiner. Christian intuisce che l’analisi filologica dev’essere integrata dal uno studio narratologico:
Non è sufficiente verificare gli scritti di Plantard sulla base dei dati storici consolidati e trarne delle conclusioni; è necessario affrontarli come si affronta un testo letterario, concentrandosi sul modo in cui parole e immagini siano in grado di produrre effetti di senso e chiedersi quali essi siano. Cambiare il modo di osservare quegli scritti modifica radicalmente l’approccio che si è avuto fino a oggi su di loro. Un testo letterario non si può comprendere senza averlo messo in prospettiva con quelli che l’hanno preceduto, a firma dello stesso autore. Nei testi più antichi, un autore è meno abile nel nascondere le proprie intenzioni rispetto a quelli definitivi e consolidati, e i suoi pensieri sono più espliciti rispetto a quelli espressi più di recente in forma simbolica. Questo postulato si applica anche agli scritti di Pierre Plantard relativi a Rennes-le-Château?(2)
L’ipotesi consente a Christian di percorrere una strada lunga e piena di interessanti rivelazioni, ed è in grado di isolare le intenzioni specifiche di Plantard dalla più vasta (e in larga misura indipendente) storia accaduta nel villaggio alla fine dell’Ottocento. Nel chiedersi in che modo parole e immagini siano in grado di produrre effetti in chi osserva, l’autore conduce uno studio che è alla base stessa dell’illusionismo, il cui intento è quello di incantare il pubblico, facendogli vivere esperienze sbalorditive attraverso la costruzione teatrale di mondi alternativi illusori.
Un gioco molto serio
Secondo Christian, Plantard si chiese a lungo come si potesse contribuire a elevare la coscienza spirituale di un individuo. L’analisi dei suoi scritti gli consente di ricostruire la risposta che si diede, che guidò per decenni le sue attività: il trucco consiste nel collocare l’esistenza di una persona al cuore di un racconto iniziatico il cui protagonista gioca nel ruolo dell’eroe principale.
Senza chiamarlo in questo modo, l’esoterista mise le basi per un “gioco” che non avrebbe mai avuto fine, a cui chiunque avrebbe potuto partecipare, sentendo di poter dire la propria e di agire da protagonista. Un gioco serissimo — dal suo punto di vista — perché ricco di profonde implicazioni spirituali:
Costruendo il mito di Rennes, Pierre Plantard creò un vero e proprio labirinto attraverso il quale condurre a suo piacere coloro che avessero osato avventurarvisi. […] Scrivere un libro su Rennes-le-Château non sarebbe bastato per produrre un effetto del genere. Era necessario concepire un libro aperto, di cui ciascuno avrebbe potuto essere il continuatore. Gettare le basi di un racconto che avesse al centro un enigma per sempre irrisolto, che invocava continuamente un eroe in grado di risolverlo.(3)
Uno dei primi a essere catturati nel “gioco” fu Henry Lincoln, e la scelta del termine non è casuale. Commentando la mia ipotesi del gioco infinito, e riferendo del nostro incontro a Rennes-les-Bains, Christian scrive:
Il concetto si applica perfettamente alla descrizione della mitologia di Rennes. Nei suoi articoli, Mariano mostra il modo in cui essa viene continuamente alimentata da sempre nuovi “giocatori”, che portano con sé nuovi elementi (personaggi, luoghi, opere d’arte) destinati a chiarire sempre di più la comprensione dell’enigma. Le dimensioni del gioco aumentano nella misura in cui i nuovi arrivati aggiungono le proprie teorie e, da un certo punto di vista, non smettono di alimentarne il mito, facendo dell’enigma di Rennes-le-Château una vicenda senza fine. Il concetto mi parve particolarmente innovatore e seducente, non tanto per risolvere l’enigma storico in sé, quanto per comprendere i meccanismi che ne spiegavano l’attrattiva suscitata e la sua incredibile longevità. Mariano aveva un profilo che gli consentiva un punto di vista inedito sull’universo di Rennes-le-Château: […] la magia. La sua attività da prestigiatore era legata anche a conoscenze non banali di psicologia. […] Il condizionamento psicologico è un elemento essenziale nella pratica della prestigiazione. Gran parte dell’arte magica si basa sulla capacità di spingere lo spettatore a vedere quel che il mago vuole. La conversazione che ebbi con lui quel giorno mi aprì prospettive appassionanti. Mi consentiì di approcciarmi a una dimensione del mito elaborato da Plantard che spiegava senza alcun dubbio la sua forza. E rileggendo per l’ennesima volta “L’Or de Rennes” di Gérard de Sède, trovai conferma del fatto che quel meccanismo era stato struttato in maniera intenzionale.(4)
È facile immaginare il piacere che ho provato nel vedere quanto in là Christian abbia condotto la conversazione di quel giorno, attraverso uno studio senza precedenti delle intenzioni — e dei metodi — di Pierre Plantard.
Il primo libro si chiude a pagina 404. Nelle successive 200 pagine, Christian percorre una strada diversa. È fatta di un materiale più rarefatto, e si poggia su indizi più deboli ma non meno appassionanti. L’autore è convinto che nella regione di Rennes si nasconda un segreto che Plantard portò alla luce e rivelò in modo simbolico attraverso i suoi scritti. Lo argomenta come meglio può, senza forzare eccessivamente i pochi elementi a disposizione, e soprattutto con l’onestà di chi conosce i limiti della propria indagine. È la parte storicamente più discutibile, che arriva a sfiorare un’idea effettivamente incredibile: il corpo di Maria Maddalena sarebbe sepolto sulle colline della zona.
Una concessione al sogno e all’irrazionale che i più severi non gli perdoneranno. Ma che ha consentito a Éric Giacometti di chiudere la sua prefazione raccontando così l’effetto che il libro ha avuto su di lui:
Sto di nuovo sognando. Ma con gli occhi aperti.(5)
_________________
(1) Christian Doumergue, Bérenger Saunière — prêtre libre à Rennes-le-Château (1852-1917), Lacour-Ollé, Nîmes 2000.
(2) Christian Doumergue, Le secret dévoilé — Enquête sur les mystères de Rennes-le-Château, Les Éditions de l’Opportun, Parigi 2013, p. 239.
(3) Christian Doumergue, Le secret dévoilé — Enquête sur les mystères de Rennes-le-Château, Les Éditions de l’Opportun, Parigi 2013, p. 382.
(4) Christian Doumergue, Le secret dévoilé — Enquête sur les mystères de Rennes-le-Château, Les Éditions de l’Opportun, Parigi 2013, pp. 388-390.
(5) Éric Giacometti, prefazione a Christian Doumergue, Le secret dévoilé — Enquête sur les mystères de Rennes-le-Château, Les Éditions de l’Opportun, Parigi 2013, p. 9.
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