Rennes-le-Château, un’opera aperta
Giovedì 25 luglio 2013 by Mariano Tomatis
Secondo un vecchio adagio, non ci si deve fidare di due tipi di persone: quelle con i baffi e quelle senza.
Classificare gli esseri umani in due categorie è una tentazione cui è difficile resistere. Richiede un minimo impegno intellettuale e ci evita di fare i conti con le sfumature. Molti narratori sfruttano il meccanismo per catturarci: il più classico colpo di scena coinvolge il Buono della storia, che all’improvviso rivela l’animo del Cattivo (o viceversa).
Quando i piani sono confusi e i personaggi tratteggiati ambivalenti, le storie ci avvinghiano: è più facile identificarci con le tinte intermedie, consapevoli che i primi a non essere inquadrabili con facilità siamo proprio noi. Le macrocategorie sono utili per giudicare qualcosa al primo sguardo, ma non reggono ad analisi più approfondite. Le storie che gravitano intorno al tesoro di Rennes-le-Château consentono interessanti riflessioni sul tema.
Incendiari e pompieri
Gli studiosi che se ne occupano possono essere divisi grossolanamente in incendiari e pompieri. I primi ricostruiscono le vicende occorse nel paesino francese mettendone in luce i risvolti misteriosi: alla fine dell’Ottocento un sacerdote divenne ricchissimo grazie al ritrovamento di “qualcosa” — un tesoro monetario? un’informazione scottante? un segreto inquietante? una chiave alchemica? I secondi smontano ogni favola in modo sistematico, riconducendo tutto a una banale vicenda di simonia. Il campo da gioco su cui si confrontano è lo stesso, ma mentre i primi si concedono molti gradi di libertà, i secondi conducono gli studi seguendo regole severe - che i primi definirebbero "castranti". Sulle due sponde della violenta battaglia in corso sin dagli anni Sessanta, raramente le fazioni trovano punti di accordo. Il più noto tra gli incendiari ancora in attività è l’inglese Henry Lincoln. Sull’altra sponda, il più acerrimo oppositore è il connazionale Paul Smith. Chi ha occhi per vedere, può scorgere ai bordi del campo figure che rifuggono qualsiasi categorizzazione. Uno dei più interessanti è un giovane francese che si chiama Christian Doumergue.
Christian Doumergue e quel pranzo a Rennes-les-Bains
Incontrai Christian “virtualmente” dieci anni fa, attraverso le pagine del suo libro Bérenger Saunière — prêtre libre à Rennes-le-Château (1852-1917).(1) Pubblicato quando aveva solo 24 anni, è una ricostruzione impressionante — per la qualità e la quantità di riferimenti bibliografici — della storia del curato miliardario e delle sue vicende nel paesino dei misteri. Avendo accesso diretto a gran parte dei documenti citati, Christian offriva al lettore una revisione critica che per me fu preziosissima quando intrapresi la stessa strada a beneficio dei lettori italiani (sfociata nella mia guida storico-archeologica su Rennes-le-Château, integralmente disponibile online).
Nel 2008 lavorammo a stretto contatto per realizzare il nuovo museo di Rennes-le-Château e l’attività di team mi consentì di apprezzarne la simpatia e generosità che trascendevano le abilità da studioso e storico. Quando nel 2011 i giornali di tutta Europa annunciarono il ritrovamento della grotta del tesoro, mi recai nella regione francese e fu Christian ad accompagnarmi sul posto, conducendomi sulla soglia di un anfratto che da solo mai avrei potuto trovare (qui il resoconto della nostra escursione).
Durante il pranzo a Rennes-les-Bains che precedette la spedizione, confrontammo i rispettivi punti di vista, e fu l’occasione per raccontargli i due caposaldi delle mie indagini: l’idea che intorno a Rennes-le-Château sia in atto un gioco infinito (nell’accezione di James Carse) e quella secondo cui l’intera mitologia “condensata” intorno al villaggio stia avendo effetti misurabili su chi vi si immerge, pur essendo costituita da informazioni immateriali. L’ultima riflessione emergeva dai miei studi illusionistici: un bravo mago si distingue per la capacità di indurre — attraverso storie e stimoli opportuni — stranianti esperienze magiche, in cui realtà e illusione sfumano l’una nell’altra. Da quando colleziono commenti da parte dei visitatori della chiesa di Rennes-le-Château, ho letto descrizioni di avvenimenti incredibili occorsi in quell’edificio - almeno nella percezione di chi me li ha raccontati.
Il segreto svelato
Christian ha appena pubblicato un monumentale saggio (oltre 600 pagine!) intitolato Le secret dévoilé - Enquête sur les mystères de Rennes-le-Château (“Il segreto svelato - Inchiesta sui misteri di Rennes-le-Château”). La sua lettura mi ha sorpreso per l’ampiezza e la profondità di analisi. Prendendo spunto dalle idee emerse durante la nostra conversazione, Christian le ha portate a maturazione, sostenendole con solide argomentazioni e sistematizzandone la gigantesca portata. Se nel suo vecchio libro aveva ricostruito le vicende del sacerdote del mistero - documentando ciò che era solido nella storia di Rennes-le-Château - in questo libro si spinge oltre. Partendo dall’ampia mitologia che si è consolidata dagli anni Sessanta a oggi — fatta di ipotesi, apocrifi, documenti falsi e personaggi improbabili — Christian si pone la domanda chiave: com’è nata?
Con l’obiettivo di ricostruirne la genesi, l’autore dà vita a un ricco compendio che — in maniera sistematica — individua la miriade di fonti e ispirazioni che hanno dato origine a quello che oggi conosciamo come “mito di Rennes-le-Château”. Mai prima d’ora tale obiettivo era stato posto (e perseguito) con tanta determinazione e rigore.
L’uomo dietro le quinte
Christian identifica nella figura di Pierre Plantard la pietra angolare dell’intero corpus mitologico, e — a partire dalla sua vita — ne illustra in modo meticoloso gli oltre quarant’anni di attività: dai primi contatti con l’astrologa Geneviève Zaepfell (che tanta influenza avrà sul suo immaginario simbolico) fino alla collaborazione con l’autore surrealista Gérard de Sède, attraverso la travagliata definizione di una personale spiritualità che mescolava i pensieri di Paul Le Cour, Alexandre Saint-Yves d’Alveydre e Jean Cocteau.
Il modo in cui Christian conduce l’analisi impedisce di classificarlo facilmente come un pompiere o un incendiario. Quando etichetta come “falsi” tanti dei documenti realizzati ad arte da Plantard, si muove come il più severo dei pompieri. Quando, invece, si mette a ricercare il senso dell’impresa dell’esoterista francese, approda a ipotesi che gli meriterebbero l’appellativo di incendiario. Eppure le ipotesi che avanza sono talmente solide e ragionevoli che le si può ignorare solo a proprio rischio.
Se la maggior parte degli studiosi si è occupato di quattro delle "cinque W" (“quando”, “dove”, “come” e “cosa” accadde a Rennes-le-Château), nel suo libro Christian si spinge a porsi il quinto, fondamentale interrogativo: perché? Perché Pierre Plantard si adoperò tanto per costruire una mitologia tanto complessa e longeva — che gli è sopravvissuta e non mostra segni di invecchiamento?
La creazione di un mito moderno
Per definire l’impresa di Plantard, l’autore rifiuta il termine “mistificazione”. Non perché sia sbagliato in sé, ma perché basta togliere una lettera per coniare un utile neologismo: “mitificazione”. Alcuni capitoli del libro sono esplicitamente intitolati “Come si crea un mito?” e l’analisi di Christian procede seguendo una serie di precise tappe; qui il saggio a carattere storico si confonde con un manuale pratico: analizzando il modo in cui il mito è stato generato e sostenuto, l’autore ne trae istruzioni generali che possono essere messe a frutto in ambiti completamente diversi. Secondo Christian, la creazione di un mito si esplica in quattro fasi:
1. Riscrittura dei fatti
2. Manipolazione dei personaggi come marionette
3. Stimolo del senso di mistero
4. Ampliamento del pubblico
Profondamente influenzato dall’estetica di Lost, l’autore fa spesso riferimento alla serie televisiva per descrivere i personaggi in gioco. Definisce Pierre Plantard “The Man Behind the Curtain”, l’appellativo con cui in Lost si fa riferimento a Jacob, il personaggio che — dietro le quinte — manipola i protagonisti a loro insaputa.
"I numeri" nascosti in piena vista a p. 619: uno dei molti indizi riservati ai fan di Lost.
Seguendone le attività attraverso i numerosi scritti, ne ricostruisce l’evoluzione culturale e spirituale che influenzerà profondamente il mito da lui fondato. In un puzzle messo in ordine per la prima volta in modo rigoroso, entrano nel disegno il Regno di Agarthi, la figura della dea Iside, il mito di Atlantide, la Massoneria e la neonata corrente New Age, emersa a partire dagli scritti di Rudolf Steiner. Christian intuisce che l’analisi filologica dev’essere integrata dal uno studio narratologico:
Non è sufficiente verificare gli scritti di Plantard sulla base dei dati storici consolidati e trarne delle conclusioni; è necessario affrontarli come si affronta un testo letterario, concentrandosi sul modo in cui parole e immagini siano in grado di produrre effetti di senso e chiedersi quali essi siano. Cambiare il modo di osservare quegli scritti modifica radicalmente l’approccio che si è avuto fino a oggi su di loro. Un testo letterario non si può comprendere senza averlo messo in prospettiva con quelli che l’hanno preceduto, a firma dello stesso autore. Nei testi più antichi, un autore è meno abile nel nascondere le proprie intenzioni rispetto a quelli definitivi e consolidati, e i suoi pensieri sono più espliciti rispetto a quelli espressi più di recente in forma simbolica. Questo postulato si applica anche agli scritti di Pierre Plantard relativi a Rennes-le-Château?(2)
L’ipotesi consente a Christian di percorrere una strada lunga e piena di interessanti rivelazioni, ed è in grado di isolare le intenzioni specifiche di Plantard dalla più vasta (e in larga misura indipendente) storia accaduta nel villaggio alla fine dell’Ottocento. Nel chiedersi in che modo parole e immagini siano in grado di produrre effetti in chi osserva, l’autore conduce uno studio che è alla base stessa dell’illusionismo, il cui intento è quello di incantare il pubblico, facendogli vivere esperienze sbalorditive attraverso la costruzione teatrale di mondi alternativi illusori.
Un gioco molto serio
Secondo Christian, Plantard si chiese a lungo come si potesse contribuire a elevare la coscienza spirituale di un individuo. L’analisi dei suoi scritti gli consente di ricostruire la risposta che si diede, che guidò per decenni le sue attività: il trucco consiste nel collocare l’esistenza di una persona al cuore di un racconto iniziatico il cui protagonista gioca nel ruolo dell’eroe principale.
Senza chiamarlo in questo modo, l’esoterista mise le basi per un “gioco” che non avrebbe mai avuto fine, a cui chiunque avrebbe potuto partecipare, sentendo di poter dire la propria e di agire da protagonista. Un gioco serissimo — dal suo punto di vista — perché ricco di profonde implicazioni spirituali:
Costruendo il mito di Rennes, Pierre Plantard creò un vero e proprio labirinto attraverso il quale condurre a suo piacere coloro che avessero osato avventurarvisi. […] Scrivere un libro su Rennes-le-Château non sarebbe bastato per produrre un effetto del genere. Era necessario concepire un libro aperto, di cui ciascuno avrebbe potuto essere il continuatore. Gettare le basi di un racconto che avesse al centro un enigma per sempre irrisolto, che invocava continuamente un eroe in grado di risolverlo.(3)
Uno dei primi a essere catturati nel “gioco” fu Henry Lincoln, e la scelta del termine non è casuale. Commentando la mia ipotesi del gioco infinito, e riferendo del nostro incontro a Rennes-les-Bains, Christian scrive:
Il concetto si applica perfettamente alla descrizione della mitologia di Rennes. Nei suoi articoli, Mariano mostra il modo in cui essa viene continuamente alimentata da sempre nuovi “giocatori”, che portano con sé nuovi elementi (personaggi, luoghi, opere d’arte) destinati a chiarire sempre di più la comprensione dell’enigma. Le dimensioni del gioco aumentano nella misura in cui i nuovi arrivati aggiungono le proprie teorie e, da un certo punto di vista, non smettono di alimentarne il mito, facendo dell’enigma di Rennes-le-Château una vicenda senza fine. Il concetto mi parve particolarmente innovatore e seducente, non tanto per risolvere l’enigma storico in sé, quanto per comprendere i meccanismi che ne spiegavano l’attrattiva suscitata e la sua incredibile longevità. Mariano aveva un profilo che gli consentiva un punto di vista inedito sull’universo di Rennes-le-Château: […] la magia. La sua attività da prestigiatore era legata anche a conoscenze non banali di psicologia. […] Il condizionamento psicologico è un elemento essenziale nella pratica della prestigiazione. Gran parte dell’arte magica si basa sulla capacità di spingere lo spettatore a vedere quel che il mago vuole. La conversazione che ebbi con lui quel giorno mi aprì prospettive appassionanti. Mi consentiì di approcciarmi a una dimensione del mito elaborato da Plantard che spiegava senza alcun dubbio la sua forza. E rileggendo per l’ennesima volta “L’Or de Rennes” di Gérard de Sède, trovai conferma del fatto che quel meccanismo era stato struttato in maniera intenzionale.(4)
È facile immaginare il piacere che ho provato nel vedere quanto in là Christian abbia condotto la conversazione di quel giorno, attraverso uno studio senza precedenti delle intenzioni — e dei metodi — di Pierre Plantard.
Il primo libro si chiude a pagina 404. Nelle successive 200 pagine, Christian percorre una strada diversa. È fatta di un materiale più rarefatto, e si poggia su indizi più deboli ma non meno appassionanti. L’autore è convinto che nella regione di Rennes si nasconda un segreto che Plantard portò alla luce e rivelò in modo simbolico attraverso i suoi scritti. Lo argomenta come meglio può, senza forzare eccessivamente i pochi elementi a disposizione, e soprattutto con l’onestà di chi conosce i limiti della propria indagine. È la parte storicamente più discutibile, che arriva a sfiorare un’idea effettivamente incredibile: il corpo di Maria Maddalena sarebbe sepolto sulle colline della zona.
Una concessione al sogno e all’irrazionale che i più severi non gli perdoneranno. Ma che ha consentito a Éric Giacometti di chiudere la sua prefazione raccontando così l’effetto che il libro ha avuto su di lui:
Sto di nuovo sognando. Ma con gli occhi aperti.(5)
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(1) Christian Doumergue, Bérenger Saunière — prêtre libre à Rennes-le-Château (1852-1917), Lacour-Ollé, Nîmes 2000.
(2) Christian Doumergue, Le secret dévoilé — Enquête sur les mystères de Rennes-le-Château, Les Éditions de l’Opportun, Parigi 2013, p. 239.
(3) Christian Doumergue, Le secret dévoilé — Enquête sur les mystères de Rennes-le-Château, Les Éditions de l’Opportun, Parigi 2013, p. 382.
(4) Christian Doumergue, Le secret dévoilé — Enquête sur les mystères de Rennes-le-Château, Les Éditions de l’Opportun, Parigi 2013, pp. 388-390.
(5) Éric Giacometti, prefazione a Christian Doumergue, Le secret dévoilé — Enquête sur les mystères de Rennes-le-Château, Les Éditions de l’Opportun, Parigi 2013, p. 9.
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Pubblicato il catalogo inglese del museo di Rennes-le-Chateau
Martedì 14 agosto 2012 by Mariano Tomatis
A tre anni dalla sua apertura, il museo Bérenger Saunière rende disponibile il proprio catalogo in lingua inglese:
In 1885 Rennes-le-Château saw the arrival of a new parish priest: Father Bérenger Saunière. Within the space of a few years, he would change both the face and the fortunes of the small village in the Aude. Father Saunière’s lavish restoration of St Mary Magdalene’s church, and above all his own ambitious building projects, rapidly led to speculation: where was the money coming from? A hundred years on, the answer still remains a mystery…
Il libro presenta la traduzione dei 32 pannelli museali curata da Karen Williams. La grafica è stata curata da me in linea con quella del catalogo originale. I contenuti sono a cura mia, di Antoine Captier e di Christian Doumergue. Welcome to the Bérenger Saunière Museum è ora in vendita in esclusiva a Rennes-le-Château presso il bookshop del museo.
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La visita virtuale al museo di Rennes-le-Château
Martedì 20 marzo 2012 by Mariano Tomatis
Il Museo Bérenger Saunière di Rennes-le-Château, da me realizzato nel 2009, si estende sulla Rete regalando ai visitatori un tour multimediale.
A tre anni dal suo rinnovo ho creato una serie di pannelli virtuali che approfondiscono tutti i temi affrontati nel museo del villaggio francese, offrendo una ricca bibliografia interattiva e moltissimo materiale inedito. Alla sua realizzazione hanno contribuito Antoine Captier, Christian Doumergue, Corjan De Raaf, Patrick Mensior, Octonovo, Morgan Roussel, Paul Saussez e Marcus Williamson.
Disponibile in italiano, francese e inglese, il museo virtuale è accessibile all'indirizzo www.museebs.org
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Il tesoro di Ben Hammott? Game over
Lunedì 19 marzo 2012 by Mariano Tomatis
Trova il Santo Graal, l'Arca perduta e il mostro di Lochness. Poi confessa la burla e ammette che era tutto un gioco, scegliendo la stessa parola con cui l’avevo definito un anno fa.
Per raccontare l’evoluzione del mito di Rennes-le-Château e del suo tesoro nascosto, nel marzo 2011 avevo usato la metafora del gioco infinito nell’accezione di James Carse. Nel 2003, dopo la pubblicazione de Il codice Da Vinci, il gioco era stato preso in mano da Bill Wilkinson, uno scrittore inglese che raccontò di aver trovato la tomba di una donna risalente al primo secolo, sepolta ai piedi della collina di Rennes-le-Château coperta da un drappo templare. Accanto a lei, alcune monete romane dell’epoca di Gesù e una coppa. Si trattava di Maria Maddalena e del Santo Graal? "L’uomo della tomba" (The Tombman) anagrammò il suo nome, e firmandosi Ben Hammott realizzò un gigantesco sito web, girò un film insieme a Renè Barnett e scrisse svariati libri sull’argomento.
Apprezzando il risvolto ludico delle scoperte di Wilkinson, nel mio articolo ironizzavo sull’operazione dedicandole una sola riga:
Alcuni produttori cinematografici affermano di aver trovato nei dintorni una tomba templare contenente il corpo della Maddalena, il Santo Graal, delle monete romane e reliquie di ogni tipo.
Molti appassionati - anche italiani - avevano accolto con interesse le sue rivelazioni, attribuendo loro una certa credibilità. Tale costruzione mitologica, del tutto prevedibile secondo lo scenario del gioco infinito ma priva di fascino autentico e poco rispettosa dell’estetica del mito originario, mi aveva sempre lasciato piuttosto indifferente: intervistato sull’argomento, avevo risposto in modo vago alla rivista Fenix, dubitando che la mitologia eretta da Wilkinson avrebbe retto alla prova del tempo.
Quel giorno è arrivato, e il 14 marzo 2012 Bill Wilkinson ha vuotato il sacco sul forum curato da Andy Gough. E per definire il ruolo dei tanti che l’hanno ingenuamente sostenuto, in linea con il modello da me proposto, ha scelto la metafora del gioco:
Tutto ciò che ho detto di aver scoperto è una bufala, realizzata da me e da me soltanto.
Sandy, Bill, Pat, Renè e Bruce, mio fratello e tutti gli altri non erano che pedine inconsapevoli nel mio gioco - così lo definisco in mancanza di una parola migliore. Non so perché io abbia fatto una cosa del genere, o perché abbia portato avanti quello che in un primo momento era uno stupido scherzo che col tempo è sfuggito dal mio controllo. NOn volevo ingannare nessuno, anche se poi devo ammettere che quello che seguì fu un inganno bello e buono.
Forse l’ho fatto per i soldi, anche se le entrate sono state molto scarse e mi sono presto reso conto che si trattava di un’operazione poco redditizia.
L’ho fatto per la fama e l’attenzione? Forse. In alcune occasioni mi ha fatto piacere, ma non era ciò che mi spingeva davvero.
Forse l’ho fatto soltanto per dimostrare a me stesso che avrei potuto farla franca. Davvero non lo so.
So che chiedere scusa ai tanti amici e conoscenti che ho ingannato nel corso degli anni non può in alcun modo compensare quello che ho fatto. Probabilmente non c’è nulla che io possa dire o fare ora per riparare il torto. Ma io sono molto, molto dispiaciuto e so che perderò molti di loro, e questa perdita - a parte il reiterato inganno - è forse la conseguenza peggiore del mio spregevole comportamento, di cui sono davvero turbato.
Ho guadagnato alcune somme dalle mie rivelazioni, sì, e anche attraverso la vendita dei libri, ma quasi tutti i soldi li ho reinvestiti in ulteriori ricerche e nei miei molti viaggi a Rennes-le-Château per cercare di trovare qualcosa di reale che credo ancora si trovi lì. È una cosa che continuerò a fare. Credo che Saunière abbia scoperto un segreto, qualcosa di nascosto nei pressi di Rennes-le-Château, e che ci sia qualcosa di veramente sorprendente da trovare. È qualcosa che continuerò a cercare.
Non ho avuto che enormi sfortune da quando mi sono imbattuto nella vicenda di Rennes-le-Château: lo devo a un cattivo karma, quasi certamente. Oggi non ho né denaro, né una vita familiare, non ho casa e mi sono rimasti pochi amici. Probabilmente è quello che mi meritavo.
Mi scuso con tutti coloro che mi hanno sostenuto nel corso degli anni, tutti coloro che hanno comprato il mio libro, ma più di tutto mi scuso con i miei amici e parenti che ho trascurato. Non ci sono scuse sufficienti nei confronti di Sandy, Bill, Renè e di molti altri, che sono stati cari amici e che mi hanno sostenuto in tutti questi anni. Ho mentito e ingannato in una maniera così grande che non posso neppure sperare di essere perdonato. Chiunque voglia essere rimborsato per le spese sostenute nell’acquisto del mio libro non ha che da contattarmi per il rimborso, e non appena avrò recuperato un po’ di soldi lo rimborserò.
Ben Hammott
Nel frattempo, Wilkinson era riuscito nell’impresa di fotografare il mostro di Lochness e l’Arca dell’Alleanza.
L'Arca dell'Alleanza (a sinistra) e il mostro di Lochness (a destra) in due fotografie di Bill Wilkinson
Uno dei risvolti della vicenda è degno di nota: Wilkinson ha fatto crollare la grotta all’interno della quale aveva collocato i falsi resti di Maria Maddalena e le varie reliquie acquistate su Ebay. Nel cuore della collina di Rennes-le-Château, dunque, si trova oggi una grotta inaccessibile, che custodisce alcuni dei manufatti da lui piazzati ad arte per girare il suo film. Resti che un giorno verranno riportati alla luce da uno dei nostri pronipoti, magari tra alcuni secoli. Quel giorno, la storia di Wilkinson potrebbe essersi perduta nelle pieghe del tempo, e per gli archeologi del futuro non sarà facile spiegare la presenza di monete palestinesi nel cuore dei Pirenei, a poca distanza dal luogo dove visse il sacerdote che si arricchì grazie a un tesoro misterioso.
Da oggi, grazie a Wilkinson, chi potrà dire che non c’è davvero un tesoro sorprendente ai piedi della collina di Rennes?
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"Rennes-le-Château", il disco degli Squadra Omega
Sabato 11 febbraio 2012 by Mariano Tomatis
Il Magazzino 22 di Interzona (Verona) ospita questa sera 11 febbraio 2012 un concerto degli Squadra Omega, gruppo musicale psichedelico che mescola jazz d’avanguardia, musica etnica, new wave e metal.
Il gruppo ha aperto la propria carriera discografica pubblicando nel 2009 un album intitolato Rennes-le-Château: il loro stile è ispirato agli aspetti più oscuri dell’esoterismo, e ogni jam session costituisce un rituale officiato in tunica nera e il volto dipinto.
L’album di esordio contiene tre tracce, ciascuna di 7 minuti, dai titoli evocativi:
1. Berenger leave me alone ("Lasciami stare, Bérenger")
2. Asmodeo’s shout ("Il grido di Asmodeo")
3. Sangraal
L'intero album dura circa 21 minuti e si può ascoltare integralmente su YouTube:
ed è la band stessa a mettere in guardia gli ascoltatori casuali:
I nostri concerti sono adatti solo a coloro che non hanno paura di esplorare il buio del bosco o sondare le profondità degli abissi marini.
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Martedì 17 gennaio 2012 by Mariano Tomatis
In occasione del 17 gennaio 2012, data chiave nella mitologia di Rennes-le-Château, ho dedicato un breve documentario al quadro di Nicolas Poussin (1594-1665) I pastori d’Arcadia.
Per oltre tre secoli la sua simbologia fu trasparente agli uomini, ma lentamente avvenne ciò che Kenneth Clark così descrisse:
l’uomo comune aveva perduto la capacità di riconoscere i soggetti dell’arte antica e di comprenderne i significati. Erano sempre meno le persone che leggevano i classici greci e [...] le persone di una certa età oggi restano sgomente nel vedere quanti riferimenti [...] siano ormai incomprensibili alle ultime generazioni.(1)
Dagli Anni Sessanta del XX secolo, la sua immagine iniziò a essere scrutata con sospetto: forse nascondeva un segreto. Migliaia di pagine vennero dedicate a risolvere il suo enigma, creando un corpus letterario di dimensioni impressionanti. Come si spiega questa vertiginosa moltiplicazione di teorie, interpretazioni e ipotesi?
La mia risposta si ispira all’articolo di Lawrence D. Steefel "A Neglected Shadow in Poussin’s Et in Arcadia Ego"(2) e al libro di James Elkins Why Are Our Pictures Puzzles?(3).
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(1) Kenneth Clark in James Hall, Dizionario dei soggetti e dei simboli nell’arte, Longanesi, Milano 2007 (cit. qui).
(2) Lawrence D. Steefel, Jr., "A Neglected Shadow in Poussin’s Et in Arcadia Ego", Art Bulletin 57, 1975, pp.99-101.
(3) James Elkins Why Are Our Pictures Puzzles?: On the Modern Origins of Pictorial Complexity, Routledge 1999.
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