La peste e l’attacco aragonese
Sotto il dominio di Pierre II e dei suoi discendenti, la collina di Redda si ripopolò, arrivando a contare tra i 350 e i 600 abitanti1.
Nel 1361 la peste si abbatté sul paese, né fu l’unica minaccia per la popolazione: l’anno successivo, infatti, alcune armate spagnole e catalane attraversarono la frontiera guidate da Enrico di Trastamare (1334-1379). Le baronie della Linguadoca si allearono, e Pierre III de Voisins, signore di Redda, si preparò per resistere all’imminente assedio. Le varie battaglie venivano condotte da orde di banditi più che da eserciti coordinati; fu questo il caso di Redda, che nel 1362 fu attaccata da una truppa molto numerosa di banditi catalani. L’accesso alla città fu possibile grazie all’incendio di una polveriera che Pierre III aveva ricavato dal mastio della Salasse verso il 1360; la grande breccia che si creò nelle mura consentì agli attaccanti di entrare facilmente; in breve il convento venne incendiato, la chiesetta di San Pietro distrutta e la cittadina messa a ferro e fuoco. Scamparono alla furia degli attaccanti soltanto alcune abitazioni, il castello signorile e la chiesa di Santa Maddalena2.
Pierre Jarnac riporta una delle voci che circolavano a proposito dell’assedio aragonese: durante l’attacco, i banditi avrebbero cercato all’interno della chiesa di San Pietro3 un qualche forziere contenente preziosi, che però era protetto da un’insidiosa trappola costituita da una lastra di pietra basculante. Il meccanismo scattò, facendo precipitare giù per una fossa alcuni dei curiosi soldati, uccidendoli.
Lo storico Fédié scriverà, a proposito dell’attacco aragonese:
Così finì, nel 1362, la città di Rhedae; e il modesto villaggio che fu costruito al suo posto e che ricopre appena un terzo della superficie che occupava la vecchia roccaforte, non ha nemmeno conservato il nome storico di Rhedae; si chiama Rennes-le-Château.4
La città stava in effetti cambiando nome. Un documento del 1347 custodito presso gli archivi vaticani parlava di un Rector de Regnis, alias de Reddis5.
1. Pierre Jarnac, Histoire du Trésor de Rennes-le-Château, Bélisane, Nizza 1985, p. 60.
2. Louis Fédié, Le Comté de Razès et le diocèse d’Alet, 1880 (primo capitolo riprodotto in Louis Fédié, Rhedae: la Cité des Chariots, Rennes-le-Château: Terre de Rhedae, 1994 ora nella traduzione italiana di Roberto Gramolini in Indagini su Rennes-le-Château 13 (2007), pp. 631-647), pp. 68-69.
3. Jarnac 1985, p. 64 si sbaglia a citare Fédié 1880, p. 69 e scambia "San Pietro" con "San Giovanni Battista". L’errore è ripetuto poco sotto, dove racconta l’aneddoto della trappola. Non può trattarsi della cappella di San Giovanni Battista, distrutta tra il 1170 e il 1171.
4. Fédié 1880, p. 69.
5. Jarnac 1985, p. 101.
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98. Le due citazioni in tribunale (1910)
99. La condanna in contumacia e l’annullamento (1910)
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